L’operazione LGH A2A censurata da ANAC, tecnicamente, non è la stessa di quella in corso nella nostra Provincia e altre Province Lombarde. In quel caso infatti si trattava della cessione a titolo oneroso del 51% del capitale di LGH ad A2A verso un corrispettivo pagato ai soci di LGH in parte con denaro ed in parte con azioni di A2A. Nel nostro caso siamo in presenza di una “acquisizione”, da parte di ACSM-AGAM, delle altre società coinvolte mediante fusione per incorporazione e corresponsione ai soci, mediante aumento di capitale, di azioni di ACSM-AGAM.
Le operazioni, apparentemente diverse, sono sostanzialmente simili, entrambe producono il trasferimento delle società.
Non ho ancora approfondito la recente delibera ma avevo avuto occasione di esaminare la comunicazione che la stessa aveva inviato ai soci di LGH e ad A2A oltre un anno fa e le argomentazioni sono le stesse, anche per quanto riportato dai giornali. ANAC rileva l’inottemperanza ad alcuni principi fondamentali che non possono essere superati con la semplice definizione di “partnership industriale”. ANAC precisa che i trasferimenti di beni pubblici, tra i quali sono comprese le partecipazioni delle società, devono, possono, avvenire solo attraverso procedure ad evidenza pubblica (gara) che in quel caso, ma ritengo anche nel caso della Multiutility del Nord, devono essere estese ad operatori europei.
L’ANAC sottolinea, a proposito della gara, “Nulla esclude quindi che in tali mercati possano sussistere operatori con caratteristiche analoghe o anche migliori rispetto a quelle possedute da A2A, che non sembra quindi costituire un unicum”.
ANAC, inoltre, evidenzia che, l’acquisizione senza “gara” di una società, viola le normative relative agli affidamenti, alle concessioni e al codice degli Appalti e le Direttive Europee perché, con l’operazione societaria, vengono aggirate le condizioni previste dalle leggi.
La situazione, quindi, non è la stessa nella forma ma lo è nella sostanza e, quindi, i principi e le regole, cui si riferisce ANAC, non sono stati rispettati.
Da non sottovalutare le conseguenze di un intervento simile da parte di ANAC per l’operazione Multiutility del Nord.
L’art. 2504-quater del codice civile che, riporto testualmente per evitare strumentalizzazioni, recita: 1) Eseguite le iscrizioni dell'atto di fusione a norma del secondo comma dell'articolo 2504, l'invalidità dell'atto di fusione non può essere pronunciata. 2) Resta salvo il diritto al risarcimento del danno eventualmente spettante ai soci o ai terzi danneggiati dalla fusione.
Che cosa significa? ANAC non può essere così tempestiva da intervenire prima del 1° luglio, data in cui ragionevolmente sarà perfezionata l’operazione, e, quindi, da tale data, la stessa non sarà invalidabile. Resterà l’obbligo del risarcimento del danno patito dai soci e da terzi. Da parte di chi? Credo degli amministratori delle società coinvolte, non LRH, ma Lario Reti Gas, Acel Service, AEVV e AEVV Energia e dei Sindaci, assessori, consiglieri comunali e da chi ha consentito o non impedito la realizzazione dell’operazione. Saranno però gli organi preposti a stabilirlo.
In fondo, sembra leggendo i giornali, e ritengo plausibile, che sia quello che sta avvenendo per i soci di LGH con l’invio della delibera anche alla Corte dei Conti che, a seguito dell’entrata in vigore del Decreto Madia, ha esteso la sua giurisdizione per danno erariale anche agli organi di amministrazione e controllo delle società.
I cittadini ne sono esclusi perché sono i danneggiati.
Remo Valsecchi, cittadino
Il Consiglio comunale di Lecco ha superato se stesso, coniando l'inedita "fusione alla cieca". Quanto accaduto lunedì 26 febbraio in relazione al progetto di aggregazione societaria a trazione A2a delle partecipate di gas ed energia di Como, Monza, Varese, Sondrio e Lecco, merita d'esser ricordato come un passaggio amministrativo storico.
Prima di tutto i consiglieri comunali sono stati sottoposti al ricatto di un illegittimo "impegno alla riservatezza" sulle carte della durata di tre anni. Se vuoi sapere garantisci il silenzio. E nonostante la sonora bocciatura della Consob e della stessa Prefettura di Lecco, la presidenza del Consiglio -con il sostegno del Segretario comunale- è andata avanti come se nulla fosse. E come se nulla fosse si è votato al buio, con appena 12 consiglieri su 32 che hanno accettato il ricatto e avuto (forse) le carte ripulite dagli omissis. Le avranno lette? Nessuno dei dodici privilegiati -questi sì- ha espresso un parere, una valutazione, anche in termini positivi, nel merito. Nessun dato, nessun indicatore, nulla. Nessuna risposta alle nostre perplessità circostanziate: sul valore degli asset in gioco, sui settori oggetto della fusione, sul controllo del pubblico e i rapporti con l'azionista A2a. Tutti hanno rinviato al parere dell’esperto nominato dal Tribunale di Monza, che quello stesso giorno firmava il documento riconoscendo di non aver "svolto verifiche" sulle carte trasmesse dalle stesse società.
Il silenzio tombale della maggioranza a Lecco è la dimostrazione che la riservatezza non serviva tanto a custodire (inesistenti) informazioni privilegiate quanto a evitare che le debolezze dell'operazione venissero a galla. A contare i fedelissimi e ad escludere i cittadini. L'unica ossessione dei favorevoli all'operazione è stata quella di tranquillizzare tutti sugli "utili" futuri. Come se il pubblico fosse un amministratore delegato qualunque che deve dispensare parole di conforto agli azionisti. La finanza è entrata in municipio dalla porta principale, con buona pace del referendum del giugno 2011 e del principio che i servizi pubblici devono rimanere lontani dagli approcci di Borsa.
Non ci stiamo. E non molliamo. Come comitati porteremo avanti le necessarie azioni, politiche e legali, per tutelare il territorio e i servizi pubblici interessati. E lo faremo con la trasparenza che il ceto politico, fan della "fusione alla cieca", tanto ha dimostrato di disprezzare.
Altri comuni, svincolati dal capoluogo o dal partito, hanno rinviato i consigli comunali convocati, per approfondire la questione riservatezza o per non aver ottenuto il parere favorevole dei revisori, qualcuno, come Dolzago, ha bocciato all’unanimità il progetto. Non sono solo i consiglieri di minoranza di Lecco o quegli “scocciatori” dei Comitati ad opporsi, il dubbio comincia ad insinuarsi anche agli amministratori che, correttamente, vogliono adempiere al mandato loro conferito dai cittadini.
Il territorio lecchese si prepara a perdere gestione e controllo di servizi pubblici fondamentali come gas ed energia. La fusione di ACEL e Lario Reti Gas nella nuova Multiutility lombarda a trazione A2A, infatti, non è una soluzione efficiente, efficace e lungimirante come raccontano i promotori. È una somma disorganica di beni e settori disparati che non produrrà affatto economie di scala: dal gas alle centrali idroelettriche, dalle farmacie all’energia elettrica.
L’unico risultato di questa aggregazione sarà quello di allontanare i cittadini dalle scelte strategiche, consegnando alla logica della Borsa e del mercato risorse, interessi e competenze che oggi sono diffusi.
Un’operazione che è stata avviata dieci mesi fa e che oggi, dopo continui rinvii e trattative riservate, viene fatta votare in fretta, furia e segretezza ai consigli comunali. Trattando le assemblee democratiche come un impiccio e senza alcuno straccio di parere terzo sui valori in gioco. Lunedì 26 febbraio a Lecco gli amministratori locali dovranno esprimersi -a porte chiuse- su documenti zeppi di omissis oppure leggerli all’ultimo istante solo dopo aver sottoscritto un illegittimo “impegno alla riservatezza” che dura tre anni. Una cosa mai vista che la stessa Consob ha confermato non c’entrare nulla con la normativa sulle società quotate.
Noi non ci stiamo e invitiamo tutti coloro che hanno a cuore la democrazia, la trasparenza e la correttezza amministrativa a partecipare al Consiglio comunale di lunedì 26 a Lecco, al municipio, a partire dalle 19. Contro i signorotti del segreto illegittimo non si può far finta di nulla e sopportare uno strappo di questa natura.
Spogliare il territorio e i cittadini della gestione e del controllo dei servizi pubblici, anche economici, è un fatto politico discutibile, rispetto al quale ognuno può pensarla come crede e magari tifare pure per il mercato, i dividendi e la finanza. Altra cosa è piegare in questo modo la democrazia e impedire il pieno esercizio del mandato dei consiglieri comunali (e rendendo peraltro illegittima quella votazione). Un atteggiamento inaccettabile che dovrebbe vederci tutti uniti nel rigettarlo e nel ristabilire la necessaria trasparenza e legittimità.
Noi ci saremo. Non è un segreto. A lunedì!
L’indebitamento 2016, nella simulazione di fusione elaborata dall’Advisor, PricewaterhouseCoopers, è di 78,2mln di €uro (nel progetto l’Advisor si è dimenticato di precisare che € 78,2mln sono con segno negativo e, quindi sono indebitamento) ed è la somma degli indebitamenti e tesoretti delle società coinvolte che, come rilevabile dalla tabella, coincide con quella indicata dall’Advisor.
C’è un sottile filo rosso che accomuna, a tutti livelli, la gestione dei cosiddetti Beni Comuni essenziali.
Parafrasando il termine francese “argent = soldi”, più che di color rosso si potrebbe definire di colore argento, vista la logica aziendalistico-finanziaria che permea le strategie di molte società partecipate, non solo locali.
Il rischio di ridurre ogni cosa, dietro apparenti logiche efficientistiche, sostanzialmente a pura gestione mercantile sembra trasversalmente unire operazioni di maxi aggregazioni nel settore dell’energia e del gas (a quando l’acqua ?), scelte “d’impresa sociale” a maggioranza privata nel campo della gestione dei servizi sociali, e progetti faraonici (teleriscaldamento) nel campo della gestione dei rifiuti e quant’altro.
Scelte che, in nome di presunte ottimizzazioni, sinergie e/o economie di scala, stanno finendo con l’espropriare progressivamente i Comuni, e quindi i cittadini, della loro irrinunciabile funzione di controllo sull’operato dei consigli di Amministrazione, allontanandoli sempre più anche dai centri decisionali effettivi.
In altre parole, stiamo sempre più assistendo alla trasformazione dei cittadini in semplici “clienti e consumatori” di un sistema che sta perdendo la sua costitutiva funzione sociale di gestione ed erogazione di servizi primari.
È questa la logica che, al di là di tecnicismi e strumentali verbosità, sta inficiando anche il nostro tessuto locale.
Il tutto pare accompagnato spesso da abbondanti dosi di arroganza “istituzionale”, tipica purtroppo dei “centri di potere” e da una sorta di “sudditanza politico-clientelare” ai vari livelli.
Dietro al termine di “pubblico” parrebbero celarsi, a volte, strategie elaborate da pochi che finiscono col produrre, dietro decisioni apparentemente condivise (ma invece solamente fatte “ratificare” da sindaci e consigli comunali spesso poco consapevoli), conduzioni che portano unicamente ad aprire al mercato settori delicati della nostra convivenza civile.
A fronte di tutto ciò, a fatica, ma in termini sempre più vivi, si sta registrando una crescente insofferenza/resistenza, che sembra saldare trasversalmente associazioni, gruppi di cittadinanza attiva, componenti politiche, qualche rappresentante delle istituzioni comunali e qualche eminente giornalista locale.
È a tutti costoro che ci rivolgiamo perché aumentino le sinergie in questa comune battaglia a difesa della nostra Democrazia, che non può che connaturarsi come partecipativa e dal basso.
A uno di questi eminenti giornalisti, da tempo coraggiosamente impegnato su questo fronte, che amaramente scriveva rispetto alla pluriennale questione della gestione del servizio idrico provinciale un “Ora il confronto si è chiuso definitivamente”, ci viene accoratamente da dire:
Il confronto non si chiuderà, e con esso quello legato agli altri settori sopra richiamati, sin quando ci saranno persone che antepongono l’interesse collettivo a quello di consorterie, convenienze particolari e politiche rigide d’appartenenza.
Ecco perché diciamo BASTA alle maxi aggregazioni societarie ed allo snaturamento del ruolo pubblico nella gestione dei Beni Comuni Primari e dei servizi alla persona.
Ed ecco perché ci rendiamo disponibili ad un raccordo con tutti coloro che si riconoscono in questa lotta.
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