Forum dei Beni Comuni
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Premessa

In questi ultimi mesi si sta ampliando il dibattito sul tema della gestione del servizio idrico mediante l’Azienda Speciale anche per la sollecitazione proveniente da ampie fasce di cittadini grazie a Movimenti e Comitati e per la sensibilità di qualche parlamentare.

La documentazione prodotta, per la maggior parte, però, proviene direttamente dai gestori, o meglio dai Consigli di Amministrazione delle società cui sono affidati i servizi pubblici, o da studi commissionati dagli stessi che, in conseguenza, sono  tendenziosi, privilegiando le società e cercando di mettere in cattiva luce le Aziende Speciali anche con parecchie inesattezze.

Nella documentazione viene sempre dedicato un capitolo per spiegare cosa sono e come funzionano le Aziende Speciali, sottolineando negatività rispetto alle società ma, mai, viene fatto anche il contrario nonostante le negatività, in rapporto alla funzione che devono svolgere, siano parecchie.

Si è usato “funzione svolta” e non “esercizio di attività” poiché garantire diritti dei cittadini e soddisfare i loro bisogni primari è una funzione che la Costituzione attribuisce allo Stato e le sue istituzioni ossia gli Enti Locali, e non può essere un’attività e tanto meno economica.

Dalla combinazione di due quesiti, e relativi esiti, referendari, si può affermare, senza timore di smentita, che gli italiani hanno dato, alla politica, una indicazione precisa: i servizi pubblici, in particolare il servizio idrico, devono essere gestiti da “enti pubblici”, nelle forme che devono essere quelle previste nel diritto pubblico e, con l’abrogazione della “remunerazione del capitale investito” non si è escluso semplicemente il profitto o utile ma è stata esclusa la gestione mediante società che ha nel profitto o utile il suo scopo.

I referendum, essendo espressione del popolo, in specie quando sono espressione di ampia maggioranza della popolazione hanno maggiore valenza delle leggi stesse e devono essere rispettate ed applicate poiché è la Costituzione che lo prevede e lo impone (art. 1).

Non è nelle facoltà della politica, della giustizia amministrativa e tanto meno di ARERA disattendere le indicazioni della sovranità popolare 

È inutile giurare fedeltà e rispetto della Costituzione da parte dei parlamentari all'atto del loro insediamento se, poi, questo non avviene.

Non intendiamo affrontare il tema in termini ideologici con solo enunciazioni di principio, vogliamo spiegare le nostre ragioni, politiche, sociali ed anche economiche, per la preferenza dell’Azienda Speciale nella gestione dei servizi pubblici locali.

Proviamo, per una volta, ad affrontare il tema della gestione dei servizi pubblici nella logica dell’interesse collettivo e generale, come dovrebbe essere per la loro natura, e non secondo logiche economiche, cioè di profitto, che riguardano solo pochi e da cui, ovviamente, il pubblico ne dovrebbe essere estraneo.

Se qualcuno riuscisse a dimostrare che il profitto sta nella logica della gestione e delle funzioni pubbliche, potremmo cominciare a prendere in considerazione, pur non accettandola, anche questa ipotesi.

Nel prosieguo definiremo il documento prodotto da G.A.I.A. con la locuzione "documento che si propone tecnico" poiché non è un documento tecnico, ma vuole solo esserlo senza raggiungerne l'obiettivo.

La società di capitali nella gestione dei servizi pubblici locali

Non esiste alcuna logica nel comparare l’Azienda Speciale alla Società di capitali, semmai, si dovrebbe mettere a il confronto la gestione pubblica, quella che gli italiani vogliono, come conferma l’esito referendario del 2011, e la gestione privata.

La gestione del servizio da parte di una società a capitale interamente pubblico è una gestione pubblica?
No perché la definizione di società le attribuisce finalità e scopi che sono estranei alle finalità delle gestioni pubbliche come sono quelle di erogare servizi pubblici che sono diritti fondamentali della persona e destinati a soddisfare bisogni primari essenziali alla vita umana.
Del resto, se una società pubblica in house può essere sia pubblica che privata (Consiglio di Stato, Sezione Terza, n. 01385/2020 del 15.02.2020), la gestione, per essere pubblica non può essere affidata ad una società.
I servizi pubblici sono quelli erogati alla collettività per garantire i diritti fissati dalla Costituzione che rientrano nelle funzioni dello Stato e sue emanazioni. Il servizio idrico, di questo si sta parlando, è pubblico perché è compito dello Stato garantirlo, attraverso gli Enti Locali che ne assumono l'erogazione ai propri cittadini per soddisfare un bisogno primario e garantire un un diritto fondamentale. Il soggetto pubblico non lo assume perché "doveroso" ma perché è una sua funzione. Se limitati ad uno specifico territorio sono servizi pubblici locali. 

Tali servizi sono oggettivamente non economici poiché assolvono a funzioni sociali e non economiche. Possono essere realizzati in forma di impresa che non è sinonimo di economico, e nemmeno di società, ma di organizzazione dei beni e strutture utilizzate nell'esercizio di un’attività.

Quindi, è la forma d’impresa, ossia un modello organizzativo, che interessa e non un tipo di soggetto giuridico, quello è già fissato dalla Costituzione ed è l’ente pubblico.

Poiché l’ente pubblico e l’ente privato sono tra loro radicalmente diversi, nello scopo, nella natura, nell'amministrazione e anche nelle responsabilità, la comparazione è totalmente insensata.

Tutta la documentazione prodotta sul tema è tendenziosa e voluta, generalmente, dai Consigli di Amministrazione che, al contrario, dovrebbero essere estranei al dibattito e, semmai, parteciparvi come semplici cittadini. I Consigli di Amministrazione delle società a capitale pubblico sono “nominati”, non “eletti” e, dovrebbero avere funzioni meramente esecutive e non politiche ossia di indirizzo del sistema, ma secondo, il codice civile, le funzioni del Consiglio di Amministrazione non sono solo esecutive, come vedremo in seguito   

Già questo aspetto fa capire che le società di capitale sono uno strumento errato nella gestione di funzioni pubbliche poiché nelle società il vero “domino” è il Consiglio di Amministrazione mentre i soci hanno funzioni limitate e mai riferite alla gestione.

In tutti i documenti prodotti c’è, peraltro, un grosso errore di fondo, un errore tecnico ed etimologico che non essendo comprensibile per la maggior parte delle persone, contribuisce ad ingenerare confusione e perplessità.

Spiace dover affrontare un tema delicato quale la gestione del servizio idrico ricorrendo a termini tecnici ma dovendo commentare un documento che, pur con numerose inesattezze, imprecisioni e contraddizioni, si propone come tecnico, diventa inevitabile.

La società di diritto privato

La società, di capitale o di persone, è un contratto (art. 2247 c.c.) mediante il quale due o più persone, fisiche o giuridiche, conferiscono beni o servizi per l'esercizio in comune di un'attività economica allo scopo di dividerne gli utili. 

La mancanza di questo scopo rende nullo il contratto (art. 1418, c.2, c.c.) e la società non esiste.

La divisione degli utili è cosa diversa dalla loro distribuzione e, anche se non venissero distribuiti, anche per previsione statutaria, la divisione si realizzerebbe comunque poiché l’utile va ad incrementare il valore della partecipazione di ogni singolo Comune, ossia il patrimonio netto, in proporzione alla quota di capitale sociale posseduta.

Lo statuto di G.A.I.A., peraltro, articolo 14.6, prevede la distribuzione dell’utile mediante dividendo, destinando, in tal caso, parte della tariffa a finalità diverse da quelle del servizio nonostante il principio del “full cost recovery”, ossia della copertura dei costi di gestione e di investimenti mediante la tariffa.

Qualora venissero distribuiti dividendi ai Comuni soci, gli stessi costituiranno entrate correnti a copertura di spese correnti, ossia sostituiranno o integreranno quelle che, come previsto dall’art. 53 della Costituzione, dovrebbero essere rapportate alla capacità contributiva e non ai consumi oltretutto di bisogni essenziali e primari.

Peraltro, in questo modo viene trasformato il monopolio naturale in monopolio fiscale con effetti non marginali secondo la normativa comunitaria.

La società è una privatizzazione del servizio idrico. La privatizzazione non è la proprietà delle quote di partecipazione (privatizzazione formale) ma delle modalità di gestione e dello scopo che si vuole raggiungere (privatizzazione sostanziale), cioè l'utile che accomuna i soci pubblici ai soci privati.

Il Comune non potrà mai essere privatizzato, almeno si spera, ma non essendo la società un ente strumentale del Comune, lo stesso si comporta e opera secondo le stesse logiche dei privati.

L’Azienda Speciale, al contrario, è un ente strumentale del Comune, o dei Comuni nel caso di Azienda Speciale Consortile, quindi si identifica nei Comuni stessi e la gestione è realmente pubblica.

Tutte le altre argomentazioni non hanno alcun senso, come vedremo perché l’unica comparazione è quella testé illustrata.

Sarebbe interessante conoscere l’opinione di quei Sindaci che si sono schierati a favore del referendum del 2011 e che oggi sono sostenitori del processo di privatizzazione. Questa è la politica, purtroppo, che quasi sempre, per opportunismo, si rimangia quello che ha sostenuto il giorno prima.

La società non gestisce il servizio idrico

La società non gestisce il servizio idrico che è solo lo strumento per produrre utili da dividere. 

La gestione viene fatta dall'impresa che è l’organizzazione, da parte dell’imprenditore (art. 2082 c.c.), del complesso dei beni destinati a tale attività e che costituiscono l’azienda (art. 2555 c.c.).

La società non è un’impresa e nemmeno un azienda anche se ne sono parte della stessa, anzi, sono proprietà della stessa. L'azienda sono beni, l'impresa è la loro organizzazione e, nella gestione dei servizi pubblici, possono far capo ad un ente di diritto privato, le società, o ad enti di diritto pubblico, Azienda Speciale o allo stesso ente locale nel caso di gestione in economia. Se comparassimo l'impresa noteremmo che l'unica differenza è la qualità dell'imprenditore, ossia dell'organiatore che, in entrambi i casi, di fatto è il direttore.

L'impresa non è pubblica e nemmeno privata poiché, a chiunque appartenga è solo lo strumento operativo.

La comparazione tra due entità o organismi diversi nella loro stessa natura oltre che nelle finalità e negli scopi, non è tecnicamente sostenibile e nemmeno credibile.

Sarebbe più corretto comparare la società, come espressione del privato, con l’ente pubblico economico e, allora, il tutto sarebbe diverso introducendo anche argomenti e aspetti che non possono essere solo tecnici ed economici ma anche politici e sociali.

Le società, anche a capitale totalmente pubblico, devono rispettare vincoli e regole dettate dal Codice civile ed essendo, il Codice civile, destinato a regolare le attività economiche private, sono una contraddizione e negazione delle regole cui devono uniformarsi le pubbliche amministrazioni.

Le società, partecipate dallo Stato e sue emanazioni sono, dunque, nella gestione "in house" di un servizio pubblico, un'anomalia con qualche dubbio di legittimità, lo dice anche la Cassazione, Sezioni unite, con la sentenza n. 26283 del 25.11.2013.

Gli squilibri e le disparità tra i Comuni soci delle società.

Una società di capitale misura la partecipazione societaria in rapporto alla quota di capitale posseduta sia per l’eventuale quota di utile diviso che per l’incremento di Patrimonio ma anche, e soprattutto, per il voto in assemblea.

In G.A.I.A., ad esempio, tre Comuni rappresentano il 45,21% della popolazione servita ma detengono il 60,43% del capitale, quindi del voto in assemblea, mentre 29 Comuni rappresentano il 22,81% della popolazione servita ma detengono il 3,97% del capitale e del diritto di voto in assemblea e altri se Comuni non sono nemmeno soci.

Questo nonostante in tutto l’ambito la tariffa sia unica e uguale per tutta la popolazione dell’ambito. 

È una discriminazione oltre che un ostacolo al reale esercizio del controllo analogo da parte dei Comuni con una quota di partecipazione ridotta o non soci, pur essendo una condizione essenziale, per la gestione in “house providing”.

Perché questa condizione sia reale è necessario che la quota di partecipazione sia rapportata al numero delle persone residenti o degli utenti. Ma in una società di capitale questo non è possibile e nemmeno eventuali patti parasociali possono risolvere tale carenza.

Un patto parasociale è un contratto esterno, modificativo ed integrativo del contratto sociale. Se è dubbia la legittimità del contratto sociale tra Comuni, non può che essere altrettanto un patto parasociale.

Il controllo analogo in una società con gestione in house del servizio idrico

Esiste un ulteriore e insuperabile ostacolo per l’esercizio reale del controllo analogo che è insito proprio nella natura della società.

I soci di una società, in questo caso i 39 Comuni soci, non hanno praticamente alcuna possibilità di intervenire nelle decisioni di gestione, la loro competenza è quella prevista dall'art. 2464 del codice civile e si limita alla nomina e revoca degli amministratori e degli organi di controllo, alla determinazione dei loro compensi, all'approvazione dei bilanci e alle delibere relative a questioni che gli amministratori ritengono di sottoporre all'assemblea per le quali la responsabilità resta, però, in carico agli amministratori. È evidente che, in questo ultimo caso, la delibera dell’assemblea diventa poco più che un parere mentre la decisione di merito resta agli amministratori, considerato che loro è la responsabilità degli atti.

I sei Comuni destinatari del servizio ma non soci, sono addirittura terzi rispetto alla società e non hanno alcuna possibilità, anche remota, di esercitare il controllo analogo.

Perché la gestione possa essere in house deve realizzarsi un reale controllo analogo, non una finzione, ed è necessario che tutti i Comuni beneficiari del servizio lo possano esercitare.

Per un corretto esercizio del “controllo analogo”, il Consiglio di Amministrazione dovrebbe avere funzioni meramente esecutive ma, per quanto previsto dal Codice Civile non è così e non può essere così.

È una grossa anomalia che può inficiare la stessa gestione “in house” come sottolinea anche la Cassazione (Civile Sent. Sez. U. Num. 26283 Anno 2013), già citata: 
Quanto infine al requisito del cosiddetto controllo analogo, quel che rileva è che l'ente pubblico partecipante abbia statutariamente il potere di dettare le linee strategiche e le scelte operative della società in house, i cui organi amministrativi vengono pertanto a trovarsi in posizione di vera e propria subordinazione gerarchica. L'espressione "controllo" non allude perciò, in questo caso, all'influenza dominante che il titolare della partecipazione maggioritaria (o totalitaria) è di regola in grado di esercitare sull'assemblea della società e, di riflesso, sulla scelta degli organi sociali; si tratta, invece, di un potere di comando direttamente esercitato sulla gestione dell'ente con modalità e con un'intensità non riconducibili ai diritti ed alle facoltà che normalmente spettano al socio (fosse pure un socio unico) in base alle regole dettate dal codice civile, e sino a punto che agli organi della società non resta affidata nessuna autonoma rilevante autonomia gestionale (si vedano, in tal senso, le chiare indicazioni di Cons. Stato, Ad. plen., 3 marzo 2008, n. 1, e della conforme giurisprudenza amministrativa che ne è seguita)” e conclude “4.3. Le caratteristiche ora sommariamente descritte - e soprattutto la terza (quella riportata - ndr) - bastano a rendere evidente l'anomalia del fenomeno dell'in house nel panorama del diritto societario”.

G.A.I.A., per ovviare alla carenza del controllo analogo prevede, nello Statuto, che il Consiglio richieda, per alcuni atti, il parere all'Organismo di Coordinamento Intercomunale. La richiesta di parere per alcuni atti è cosa diversa dal controllo analogo, come descritto dalla sentenza della Cassazione, e dal potere di dettare le linee strategiche e le scelte operative della società in house.

Del resto, l’Organismo di Coordinamento Intercomunale non è un organo sociale e non può esserlo non essendo previsto dal codice civile e vigendo il divieto di istituire organi diversi da quelli previsti  dalle norme generali in tema di società (art. 11, c. 9 l. d), d.lgs. 175/2016).

In G.A.I.A. si è aggirato il divieto con la costituzione dell’Organismo di Coordinamento Intercomunale attraverso la convenzione di cui all’art. 30 del TUEL, ma la presenza dell’Organismo continua ad essere una mera formalità e non l’esercizio del controllo analogo da parte dei Comuni serviti e non solo soci.

Del resto, pensare che un organismo, inesistente sul piano giuridico ai fini della gestione della società, possa incidere nella gestione dell’attività e della società, come dovrebbe essere secondo il principio del controllo analogo, è solo pura fantasia.

Gli stessi soci non hanno alcuna possibilità di incidere in modo significativo, certamente non possono inibire e nemmeno proporre, al massimo possono suggerire ma al CdA resta la facoltà di accettare o meno i suggerimenti.

I soci, in base all’art. 2422 del codice civile, non derogabile e, comunque, non derogato nello statuto di G.A.I.A., possono consultare solo il libro soci e il libro dei verbali dell’assemblea e nient'altro. Non è possibile esercitare un reale controllo analogo se non è consentito l’accesso agli atti e alla documentazione. Possono fare richiesta all'Organo di controllo (Collegio Sindacale) il quale però ha competenza di legittimità, rispetto dello statuto e non di merito.

Il controllo analogo è lo stesso controllo che Sindaco e consiglieri eseguono sugli atti del Comune, è, quindi, diretto senza limitazioni e condizionamenti in modo che il gestore possa qualificarsi come una "derivazione" o "longa manus" dell'ente stesso.

Resta, per i Comuni soci, la possibilità di revoca ma anche in questo caso deve sussistere la giusta causa, ai sensi e nei casi previsti dal Codice civile con rischio di risarcimento dei danni in caso contrario (art. 2383 c. 3, del Codice civile) oppure della denuncia in presenza di gravi irregolarità (art. 2409 Codice civile).

La proliferazione delle gestioni dei servizi pubblici, in house, mediante società è dovuta, principalmente, alla volontà, da  parte degli amministratori pubblici, eletti, di liberarsi dall'onere e impegno di una funzione che, comunque, compete a loro. Non è una scelta politica è solo una scelta opportunista.  Nella maggior parte dei casi il "controllo analogo" si limita all'approvazione del bilancio quasi sempre in modo acritico e senza un suo reale approfondimento e comprensione. Non si capirebbe, al contrario, come si possa aver consentito alla società, Gaia, di non aver pagato le rate dei mutui pregressi che la legge pone a carico dei gestori e che, certamente, hanno prodotto effetti negativi sui bilanci dei Comuni soci e dei Comuni serviti. Nel merito saranno forniti maggiori dettagli e dati nel capitolo "Finanziamento degli Investimenti".

L’Ente Pubblico economico

Un ente pubblico economico è tale perché organizzato in impresa e, l’impresa, è un concetto giuridico che prescinde dalla società e che può far capo a soggetti giuridici diversi anche non società.

Volendo affrontare correttamente, e in modo non malizioso, la questione dovremmo comparare l’impresa ossia la organizzazione dell’attività per il tramite di un soggetto privato e l’organizzazione da parte di un soggetto pubblico.

Se compariamo l’impresa, e non i soggetti cui l’impresa appartiene, non rileveremmo alcuna differenza poiché, in entrambi i casi, la struttura, i beni, le maestranze, ciò che concretamente svolge il servizio non si modificherebbe. Nelle società, al contrario, vi sono differenze e corollari, anche di costo, inutili che nell'Azienda Speciale non ci sono.

Economico per la società si intende produzione di utili e, magari, anche gestioni estranee al servizio pubblico mentre per l'Azienda Speciale si intende si intende il perseguimento dell'equilibrio di bilancio attraverso l'equivalenza tra i costi di gestione e di investimenti del servizio ed i ricavi realizzati con le tariffe applicate. Non è una differenza marginale che non può, tecnicamente, essere superata.

Oltretutto, per l'Azienda Speciale, l'eventuale utile prodotto, nonostante il pareggio di bilancio previsto dai budget, di cui al comma 8 dell'art. 114 del TUEL, e la sua destinazione sono vincolate dall'art. 43 del DPR 902/1986, al contrario delle società dove la loro destinazione è libera e, se destinata  ai dividendi, diventa estranea al servizio pubblico o, se non divisa, ad incremento del patrimonio con vantaggio per i soci che detengono quote maggiori.

L'obbligo del pareggio di bilancio nei budget avrà un effetto di riduzione delle tariffe in quanto l'ente di governo dell'ambito, AIT Conferenza Territoriale 1 Toscana Nord, dovrà tenerne conto nella redazione del Piano Tariffario e Piano Economico Finanziari nei quali, attualmente, deve prevedere, al contrario, un utile.

È la sostanziale differenza tra Ente Pubblico Economico e Ente Privato Economico.

È ridicolo mettere a confronto delle gestioni comparando gli adempimenti e la struttura di due enti che per loro natura e struttura sono diversi anche nelle finalità. La società deve garantire i terzi ed i soci, cioè alcune persone fisiche o giuridiche e i loro beni, ossia gli interessi privati mentre l’ente pubblico economico deve garantire e tutelare la collettività, i beni comuni ossia gli interessi generali ed il benessere dei cittadini ed evitare che eventuali effetti negativi possano ripercuotersi sui bilanci degli enti soci.

L’erogazione del servizio idrico è un compito dello Stato (art. 32, I c. della Costituzione), trattandosi di un bene naturale essenziale per la vita umana e, quindi, espressione della “salute” e, pertanto, “fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività”. In quest’ottica non è ammissibile alcuna forma di utile o profitto che è una  maggiorazione del costo del servizio con destinazione diversa dal servizio ee con limitazione al diritto di accesso all'acqua. Non è un'espressione o un'opinione ideologica poichè garantire i diritti sanciti dalla Costituzione e da orgaizzazioni come l'O.N.U. e l'O.M.S non è un opinione ma un obbligo. 

Il profitto o utile è un’alterazione del principio del “full cost recovery” non essendo un costo diretto e reale del servizio.

Con la gestione dell’acqua, si eroga un servizio che è quello di consentirne l’accesso e di svolgere tutte quelle attività per lo smaltimento e depurazione, non è cessione o fornitura di un bene. L’utente non paga “l’acqua”, rimborsa lo Stato dei costi sostenuti per consentirne l’accesso e le attività collaterali.

In queste riflessioni e valutazioni dobbiamo sempre tenere in giusta considerazione l'art. 53 della Costituzione, per tale motivo è più volte citato, che fissa un principio inderogabile, purtroppo, più volte derogato: "Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva". L'utile nelle società, e l'imposta sul reddito relativo, prodotti al maggior costo del servizio, sono destinata alla fiscalità generale ne sono una violazione del citato art. 53 poiché sono provenienti da consumi, peraltro essenziali, diversi dalla capacità contributiva.

Rilevanza industriale, rilevanza economica

Un aspetto molto importante sul quale si impernia tutta la questione del tipo di struttura da adottare per la gestione dei servizi pubblici e sul quale il documento predisposto dal CdA di G.A.I.A fa un poco di confusione ed è poco chiaro, quasi lasciando trasparire la non completa legittimazione dell’Azienda Speciale alla gestione dei servizi pubblici.

Il documento G.A.I.A, infatti, riporta: 

1. Gli enti locali per la gestione associata di uno o più servizi e l'esercizio associato di funzioni possono costituire un consorzio secondo le norme previste per le aziende speciali di cui all'articolo 114, in quanto compatibili. 
Tale disciplina fu radicalmente modificata dalla l.n. 448/2001, art. 35, che stabilì per i servizi pubblici di rilevanza industriale, quelli che oggi definiamo a rilevanza economica, l’obbligo per i Comuni di avvalersi delle forme di gestione della concessione a terzi o di società miste, con esclusione perciò sia della gestione in economia sia dell’azienda speciale”.

La definizione di rilevanza industriale non è stata sostituita da una diversa terminologia usuale, a rilevanza economica, ma dall'art. 14 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, probabilmente perché errata, e, con la modifica, ne fornisce anche il significato.

Industriale non è una forma o una modalità di gestione ma solo un settore delle attività, ossia il secondario, distinguendosi dal primario, agricoltura, e dal terziario, servizi. Una rilevanza industriale, quindi, sul piano letterale non esiste e, peraltro, essendo i servizi una somministrazione e non una cessione di beni rientrano, semmai, nel terziario, ccioè nei servizi.

Superata una definizione errata e senza significato che lasciava inapplicabile la norma, si tratta di capire come si colloca il servizio idrico integrato nella “rilevanza economica”,

Lo stesso art. 113 del TUEL come modificato, indica quali gestioni ed affidamenti rientrano nella “rilevanza economica” e, infatti, recita:

1. Le disposizioni del presente articolo che disciplinano le modalità di gestione ed affidamento dei servizi pubblici locali concernono la tutela della concorrenza e sono inderogabili ed integrative delle discipline di settore. Restano ferme le altre disposizioni di settore e quelle di attuazione di specifiche normative comunitarie. Restano esclusi dal campo di applicazione del presente articolo i settori disciplinati dai decreti legislativi 16 marzo 1999, n. 79 (energia elettrica - ndr), e 23 maggio 2000, n. 164 (gas naturale - ndr)”.

Poiché la norma è finalizzata alla tutela della concorrenza ed il servizio idrico è un “monopolio naturale”, e non può essere diversamente, con le tariffe determinate sulla base del metodo tariffario predisposto da ARERA, non dal mercato, con la garanzia dei ricavi e, quindi, del profitto, anche attraverso conguagli, non può essere annoverato tra le gestioni a “rilevanza economica”.

La normativa europea e, nello specifico, l'art. 106 (ex art. 86, ex-art. 90) del trattato per il Funzionamento dell'Unione Europea, TFUE, dispone, al comma 2:

"Le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme dei trattati, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l'applicazione di tali norme non osti all'adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata. Lo sviluppo degli scambi non deve essere compromesso in misura contraria agli interessi dell'Unione".

Per il TFUE, sono soggette ai trattati dell’UE:

  • le imprese aventi carattere di monopolio fiscale. Il monopolio fiscale è quello su beni di largo consumo che lo Stato gestisce per aumentare il proprio gettito fiscale, per esempio i tabacchi.
    Non costituiscono monopolio fiscale le attività che forniscono beni o servizi essenziali per il cittadino per le quali il profitto dovrebbe essere escluso e, quindi, estranee agli interessi privati ma anche al gettito fiscale, o quelle dove le imprese private potrebbero creare forti speculazioni.
  • L'interesse economico generale non può esistere in un servizio per il quale gli obiettivi sono l'efficienza, l'efficacia e l'economicità intendendo per essa l'equivalenza dei costi e ricavi, cioè il full cost recovery. 
  • L'articolo 43 della Costituzione stabilisce che "A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale". L'interesse generale è cosa ben diversa dall'interesse economico generale. Poiché l’art. 43 della Costituzione è tuttora vigente e la Costituzione deve essere rispettata, è evidente che taluni servizi pubblici, ed in particolare il servizio idrico, anche nel rispetto dei trattati comunitari, sono esclusi dalla normativa sulla concorrenza e, ovviamente, da una gestione di natura privatistica sia sostanziale che formale come sono le società anche a totale capitale pubblico.

La normativa comunitaria consente (cfr. sentenza Corte costituzionale n. 325 del 2010 punto 6.1) la gestione diretta allorquando ricorre la ‘‘speciale" missione dell’ente pubblico di cui all’art. 106 del Tfue, venendo così meno proprio l'eccezionalità dell’in house nei servizi pubblici a rilevanza economica che, peraltro, non è vietato dalla normativa comunitaria.

La sentenza Corte costituzionale n. 325 del 2010 punto 6.1, inoltre, rileva che "In ambito comunitario non viene mai utilizzata l’espressione «servizio pubblico locale di rilevanza economica», ma solo quella di «servizio di interesse economico generale»"

A conferma la delibera della Corte dei Conti, Sezione delle Autonomie, n. 2/SEZAUT/2014/QMIG del 15.01.2014 che afferma:

  • è lecito dubitare della perdurante vigenza dell’art. 35, co. 8, l. n. 448/2001, dal momento che è venuto meno ogni divieto assoluto alla gestione diretta, o mediante azienda speciale, dei servizi pubblici locali. La predetta disposizione, pur non avendo formato oggetto di quesito referendario, potrebbe considerarsi implicitamente abrogata, essendo frutto della stessa concezione sottesa dell'abrogato art. 23-bis, d.l. n. 112/2008
  • va sottolineato il carattere transitorio della disposizione di cui all’art. 35, co. 8, l. n. 448/2001, la cui operatività è stata originariamente fissata al 31 dicembre 2002. Tale termine è stato prorogato al 30 giugno 2003 per effetto dell’art. 1, co. 7-ter, d.l. 8 luglio 2002, n. 138, convertito dalla l. 8 agosto 2002, n. 178. In mancanza di ulteriori proroghe, sembrerebbe confermata la tesi dell’abrogazione implicita, considerando le successive norme che, contemplando le aziende speciali, presuppongono la loro piena operatività;
  • Va, inoltre, sottolineata l’evoluzione del quadro normativo verso una regolamentazione più articolata che va oltre la definizione dei modelli di gestione dei servizi pubblici locali per focalizzare l’attenzione sulle ricadute economiche delle attività esternalizzate sui bilanci degli enti soci;
  • al di là delle considerazioni di ordine sistematico, la tesi dell’abrogazione implicita è avvalorata dalla previsione di specifiche disposizioni, da cui si evince che il legislatore ha inteso “conservare” l’istituto dell’azienda speciale.

Il finanziamento degli investimenti

Spesso, per sostenere l’importanza della società, si richiama la sua capacità a finanziare gli investimenti consistenti che i servizi pubblici richiedono e che, al contrario, l’Azienda Speciale non sarebbe in grado di realizzare.

È un falso che, però, spaventa gli amministratori dei Comuni già preoccupati a far quadrare i bilanci dell’Ente.

Tutte le società di gestione dei servizi pubblici, pubbliche, a maggioranza pubblica o private, finanziano gli investimenti ricorrendo al debito che, oltretutto, ha un costo inferiore all'onere finanziario del gestore previsto dal metodo tariffario e, quindi, consente maggiori utili.

La tabella che segue, riferita al bilancio 2019 di G.A.I.A., indica, nelle attività, gli impieghi ossia gli investimenti e, nelle passività, le fonti, ossia la provenienza dei finanziamenti

prospetto 1


Con il costo degli investimenti in tariffa, ammortamento e interessi passivi, vengono rimborsate  la rate dei mutui, dei prestiti o simili e, quindi, gli investimenti sono finanziati nelle varie forme previste dai mercati finanziari e i finanziamenti sono rimborsati dagli utenti.

Nel conto economico si rilevano € 12.214.304 per ammortamenti che potremmo chiamare anche “recupero finanziario degli investimenti in rapporto alla vita utile dei beni” e che potrebbero consentire finanziamenti, rimborsabili in 20 anni, pari a 350 milioni di euro, tre volte gli investimenti esistenti.

Forse le società riescono a fornire maggiori garanzie? No.

i beni costituenti dotazione del servizio idrico fanno parte del demanio pubblico ai sensi dell’art. 143 del d.lgs. 152/2006 e degli artt. 822 e segg. del Codice civile.
L’art. 823 del Codice civile stabilisce che “I beni che fanno parte del demanio pubblico sono inalienabili e non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano”, quindi non possono essere posti a garanzia.

Il pubblico, pur criticato, è credibile, le bollette e la loro riscossione, quantificata la loro eventuale morosità, sono una certezza e le imprese che gestiscono i servizi pubblici producono consistenti risorse finanziarie che nelle normali attività commerciali non si riesce a produrre.

La spinta per la privatizzazione non è dovuta al fatto che il pubblico non funziona ma al fatto che i servizi pubblici producono risorse finanziarie e utili appetibili.

Un margine operativo lordo (MOL o EBITDA) del 24% circa è superiore alla media delle imprese commerciali e, con le risorse prodotte nel 2019, per G.A.I.A. pari a € 21.312.751, consente politiche di investimento che permettono interventi e miglioramenti, specialmente nella depurazione e tutela dell'ambiente, significativi che, al contrario, anche da quanto si rileva dalla lettura del bilancio, non avvengono.

Nessuna norma impedisce alle Aziende Speciali di ricorrere a forme di finanziamento anche nella forma di prestiti obbligazionari, magari evitando forme inutilmente speculative che in G.A.I.A. sono costate qualche milione di euro, e, magari, non avendo come scopo il profitto, possono essere utilizzate per migliorare il servizio.
L'art. 46 del DPR 902/1986, vigente, regola la possibilità dell'Azienda Speciale di ricorrere a finanziamenti con alcuni vincoli che sono finalizzati a garantire una corretta applicazione e non una limitazione al loro ricorso, imponendo:
"L'azienda speciale nell'ambito delle capacità ad essa riconosciute dall'art. 2, terzo comma, del testo unico approvato con regio decreto 15 ottobre 1925, n. 2578, per il raggiungimento dei suoi fini istituzionali, contrae in attuazione del piano-programma e del bilancio pluriennale, prestiti alle seguenti condizioni:
1) che abbiano per scopo di provvedere alla costruzione di nuovi impianti o all'ampliamento, miglioramento, ammodernamento di attrezzature e di impianti esistenti;
2) che le rate di ammortamento, sommate a quelle relative ai prestiti precedentemente contratti, non raggiungano complessivamente una somma annuale superiore al terzo delle entrate ordinarie accertate in base al rendiconto dell'anno precedente, approvato dal consiglio dell'ente locale."

Se Gaia fosse stata un'Azienda Speciale, non avrebbe potuto contrarre un finanziamento, nel 2018, di 42 milioni di euro scadente nel 2033, con la sottoscrizione di un derivato con elevato rischio essendo rapportato ad un capitale "nozionale" pari al 70% del debito. Il finanziamento non è finalizzato ad investimento, infatti rrilevando, nel bilancio 2019, un totale delle fonti superiore agli impieghi, è manifesta tale situazione. Praticamente il finanziamento si è reso necessario per finanziare le attività correnti.

La tabella seguente riporta il dettaglio di come sono stati finanziati gli investimenti nel 2019, tutti i dati sono stati rilevati dal bilancio approvato della società.

prospetto 2

Rileviamo innanzitutto che a fronte di "fonti", ossia di risorse prodotte da destinare agli investimenti, per € 24.664.521, gli investimenti sono stati di € 18.173.915, inferiori per € 6.490.606 alle risorse prodotte.

Questo conferma e rafforza l'affermazione che gli investimenti necessari, pur rilevanti, per il servizio idrico possono finanziaris con le tariffe ed una gestione finanziaria meno approssimativa.

la situazione delle rate dei mutui pregressi dei Comuni non pagate

Nel bilancio 2019 di Gaia, però, le risorse prodotte non vengono tutte utilizzate per gli investimenti, infatti l'eccedenza di € 6.490.606, con l'aggiunta delle rate dei mutui pregressi dei Comuni scadenti nel 2019, € 3.842.318, prende un'altra strada, ossia quella di pagare parte delle rate di mutuo scadute e non pagate nel periodo 2005-2018 che al 31.12.2019 ammontano a € 37.372.767.

L'art. 153, c. 1, d.lgs. 152/2016 stabilisce che "Le infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali ai sensi dell'articolo 143 sono affidate in concessione d'uso gratuita, per tutta la durata della gestione, al gestore del servizio idrico integrato, il quale ne assume i relativi oneri nei termini previsti dalla convenzione e dal relativo disciplinare" e, al comma 2, "Le immobilizzazioni, le attività e le passività relative al servizio idrico integrato, ivi compresi gli oneri connessi all'ammortamento dei mutui oppure i mutui stessi, al netto degli eventuali contributi a fondo perduto in conto capitale e/o in conto interessi, sono trasferite al soggetto gestore, che subentra nei relativi obblighi"

Eppure, le rate dei mutui sono comprese, con voce specifica, nei costi (Opex) che determinano la tariffa. In pratica, dal 2005 al 2019, Gaia ha riscosso, dagli utenti, gli importi delle rate di mutuo da riconoscere ai Comuni ma, € 37.372.767 sono stati trattenuti dalla società e utilizzati per altri fini.

Non sono nemmeno stati usati per finanziare gli investimenti che, oltretutto, sono stati realizzati in misura inferiore a quella prevista dai Piani d'Ambito visto l'accantonamento per eventuali sanzioni come indica il bilancio a pag. 112 con la nota "€ 1,57 mln a titolo di penalità mancati investimenti anno 2016-2019 (€ 1,32 mln) e mancato rispetto della qualità tecnica e commerciale 2019 (€ 0,25 mln)".

Una situazione fortemente illegittima poiché il rimborso dei mutui è conseguente al trasferimento degli stessi al gestore che subentra nei relativi obblighi per effetto di una norma, quella dell'art. 153 del d.lgs. 152/2996 in precedenza citato, non per un accordo tra le parti e, pertanto, non derogabile.

A pag. 117 del bilancio viene riportato che:
"Nel corso del 2020 la Società stima di poter versare, a condizione che nel corso del medesimo anno la società possa effettuare il tiraggio almeno di una parte del finanziamento BEI/CdP, a favore dei comuni soci e non soci le seguenti somme:
  • il 100% della quota corrente dei mutui dell’anno 2018 pari ad € 4,59 mln lordi. Si precisa che alla data di chiusura dell’esercizio sono già stati versati € 0,435 mln;
  • il 50% della quota corrente dell’anno 2019 pari ad € 1,92 mln;
  • l’importo previsto dal piano di rientro AIT per l’anno solare 2020 pari ad € 6,614 mln (di cui € 5,76 mln per i comuni soci) e per € 0,91 mln alla Viareggio Patrimonio sempre nel rispetto del piano di rientro deliberato da AIT. Si precisa che alla data di chiusura dell’esercizio sono già stati versati € 0,576 mln."
Notare che si tratta di competenze antecedenti il 2020 e di un piano di rientro a conferma di un debito maturato e non pagato di cui, però, non è certo il pagamento essendo condizionato all'erogazione di almeno una parte del finanziamento BEI/CdP. Però, anche nel 2020, la società riscuoterà con le bollette, la quota di rate mutui pregressi. Il Piano di rientro è stato concordato tra AIT, Conferenza Territoriale n. 1, e G.A.I.A, con deliberazione n. 15/2015 del 11.05.2015, questo, però, pone una domanda, ossia se è legittimo il superamento di una disposizione di legge, imperativa con un accordo delle parti.

I bilanci dei Comuni sono formati sulla base dei principi di "cassa" e, quindi, il mancato pagamento delle rate di mutuo, maggiorate dell'I.V.A., che quasi certamente i Comuni hanno dovuto versate o compensare, da parte della società, ha ridotto le entrate degli stessi con effetti negativi sui loro bilanci.

A pag. 3 del bilancio 2018 leggiamo, nonostante, questi debiti nei confronti dei Comuni, che "Anche per il 2018 la Società ha potuto garantire il rispetto del piano di rientro per il rimborso delle rate dei mutui, con un ulteriore riduzione dei debiti verso i comuni soci per 7 milioni di euro ed 3,4 milioni verso i non soci (di cui 2,3 milioni verso la società Viareggio Patrimonio s.r.l.). Anche questo è un chiaro segnale della serietà con cui proseguiamo ad onorare gli impegni assunti. Nel periodo 2015-2018 la Società ha versato ai comuni la somma complessiva di quasi 35 milioni di euro (oltre IVA se dovuta) ". Questo nonostante non siano assolti obblighi che la legge pone a carico del gestore anche se l'importo relativo sia stato addebitato e riscosso con le bollette degli utenti, il tutto regolato da  un piano di rientro con forti dubbi circa la sua ammissibilità.
Nel bilancio 2019, nella relazione del Presidente, per fortuna, informa i soci che "Come sapete, nel 2018 GAIA ha ottenuto un risultato “storico”: il finanziamento strutturato da 105 milioni di euro. [... omissis ...]. Il finanziamento strutturato garantirà la piena copertura (insieme alla risorse generate dall'autofinanziamento) degli investimenti previsti fino al termine della concessione pari ad oltre € 400 mln.". Qualcosa non quadra nei conti, ma non importa, dalla relazione al bilancio sembra che tutto vada bene. Noi abbiamo qualche dubbio.

Se, invece della società, il servizio fosse stato gestito da un'Azienda Speciale con un maggior ruolo dei Comuni soci, non solo del Sindaco, ma anche dei consiglieri, ai  quali l'art. 114 del Tuel assegna un ruolo di controllo dovendo approvare i bilanci dell'Azienda Speciale, e un reale controllo analogo, probabilmente tutto questo non sarebbe successo.

gli strani comportamenti nell'interesse dei cittadini

 Come abbiamo visto e come tutti i documenti dei gestori, compresi i bilanci, affermano, la gestione è fatta nell'interesse dei cittadini, ma nella realtà non è così. Gli utenti, cioè i cittadini, non sono l’obiettivo per la soddisfazione dei loro bisogni ma lo strumento da utilizzare per obiettivi economici con finalità diverse dal servizio.

Abbiamo già segnalato il divieto di istituire organi diversi da quelli previsti dalla normativa generale sulle società, in G.A.I.A., però, non solo vengono istituiti ma i suoi componenti vengono anche compensati con gettoni di presenza per un totale di € 9.113 nel 2019. Nella Nota Integrativa del bilancio 2019 viene precisato che “Il costo per l’organo del Controllo Analogo è a totale carico dei Comuni soci. Pertanto a questa voce corrisponde un identico ricavo d’esercizio rilevato nella voce “Ricavi per controllo analogo”. 

Poiché i Comuni soci non sono soggetti terzi, sono ancora i cittadini, che sono anche gliutenti, a pagarne il costo attraverso una imposizione locale o la riduzione di servizi che il Comune deve erogare. Non è nemmeno escluso che questi costi finiscano in tariffa, bisognerebbe disporre dei dettagli del piano tariffario per capire.

Questa è la logica che regola la gestione dei servizi pubblici: caricare sui cittadini costi anche impropri per fare utili e cassa.

Questo lo riscontriamo anche nella remunerazione del capitale investito che, pur abrogata dal referendum del 2011 è stata ripristinata dall'Autorità (ARERA) con la denominazione “oneri finanziari del gestore” che, di fatto, anche nella formula utilizzata per il calcolo, è la stessa cosa. Il Consiglio di Stato, al quale il Forum, con altri, ha proposto ricorso, si è limitato a valutarne la congruità che, per l’effetto dell'abrogazione dovrebbe essere uguale a zero.

Se non si inizia a escludere da logiche economiche tutto quello che è competenza dello Stato e sue emanazioni, l’acqua ne è l’emblema, sarà impossibile risolvere i problemi di questo Paese.

Ma altri esempi li troviamo nel mantenimento di strutture inutili e onerose come la stessa Autorità, ARERA, la quale sulla home page del suo sito riporta: “Le risorse per il suo funzionamento non provengono dal bilancio dello Stato ma da un contributo sui ricavi degli operatori regolati. (i gestori- ndr)”, e nel metodo tariffario, dalla stessa predisposto, inserisce una voce di tariffa con la quale i gestori recuperano il costo. I cittadini dovrebbero essere lo Stato, in un sistema normale ma, purtroppo, non è così, sono soggetti terzi dai quali prelevare il più possibile danaro anche in modo subdolo o camuffato.

Per correttezza, ARERA avrebbe dovuto scrivere sul suo sito web, “Le risorse per il suo funzionamento non provengono dal bilancio dello Stato ma dalle bollette degli utenti

Tutto questo vale per altri numerosi aspetti, vedasi il bonus idrico che dovrebbe essere un costo sociale e invece viene inserito in tariffa o come, la cosa più assurda, quella di inserire in tariffa il premio di incentivazione per gli obiettivi di “efficienza, efficacia ed economicità”, da riconoscere ai gestori, che dovrebbero essere una delle condizioni inderogabili della concessione secondo le quali si dovrebbe revocare la concessione in caso di inadempimento.

Non è possibile premiare l’adempimento di un obbligo e oltretutto con soldi degli utenti ma, questo, purtroppo è il sistema attuale, quello che si vorrebbe difendere e mantenere con le società.

Rileviamo, inoltre, che, a partire dall'anno 2013 il costo di funzionamento dell’AIT è interamente a carico della tariffa del s.i.i. e corrisposto dal gestore secondo gli importi, i criteri e le modalità stabilite dall’AIT nei limiti della spesa di funzionamento dell’AIT riconosciuta dal Metodo Tariffario vigente, pur in presenza dell'art. 154 del d.lgs. 152/2016 che dispone a carico della tariffa solo una quota parte del costo di funzionamento dell'ente di governo dell'ambito, nel caso specifico l'AIT.

Una società ha per scopo, art. 2247 c.c., l’utile da dividere tra i soci mentre il servizio pubblico è solo lo strumento per realizzarlo e l’efficienza, efficacia ed economicità, intesa come minor costo per l’utente, ed è una condizione contrattuale quasi mai rispettata.

Nel bilancio di G.A.I.A. viene accantonata una somma di € 1.570.524 per penalità, ossia sanzioni che potranno essere applicate da parte dell’AIT per il mancato raggiungimento degli standard organizzativi stabiliti dalla convenzione di affidamento della gestione del S.I.I. e per la mancata realizzazione degli investimenti previsti nel Piano AIT. Poiché la società chiude l’esercizio con un utile di € 2.266.629, nonostante gli accantonamenti, prima delle imposte, le sanzioni saranno pagate con le bollette degli utenti. Gli utenti, quindi, pagano gli incentivi ma anche le sanzioni per inadempienze che,non sono costi del servizio.

Negli ultimi anni G.A.I.A. ha accantonato € 3.641.592 per rischi su strumenti finanziari derivati passivi, ossia per potenziali perdite a tale titolo, completamente estranee al costo del servizio, anche queste saranno pagate con il denaro che l’utente versa grazie alle tariffe. 

Forse sarebbe meglio approfondire le ragioni per cui le società non funzionano e le tariffe che dovrebbero garantire il “full cost recovery”, sono molto più elevate, e porvi rimedio.

Senza la logica societaria dell’utile, le tariffe potrebbero ridursi in modo significativo pur mantenendo inalterata la copertura dei costi e la capacità di investimento.

Un'azienda speciale, volendo fare una comparazione, al contrario, ha come scopo l’efficienza, l’efficacia e l’economicità del servizio e l'obbligo dell'equilibrio di bilancio, ossia del suo pareggio, quindi niente utili, lo prescrive l’art. 114 del TUEL.

Questo è il principale motivo per cui riteniamo che l’Azienda Speciale sia lo strumento ideale per la gestione dei servizi pubblici e del servizio idrico in particolare.

Quando la relazione al bilancio del presidente di una società, nella fattispecie Gaia, inizia con "Signori Sindaci, Consiglieri, Soci, chiudiamo il bilancio 2019 con un positivo di € 1,028 mln. I dati dell’esercizio 2019 confermano il costante trend positivo di miglioramento economico finanziario, avvenuto nel corso degli ultimi anni grazie a tutte politiche messe in atto per migliorare l’efficienza interna di tutti i settori con la contestuale razionalizzazione dei costi." e le tariffe domestiche, nello stesso periodo aumentano, ci chiediamo se tutto questo ha una logica e rientra in una politica che dovrebbe garantire i diritti delle persone e di cui gli amministratori di G.A.I.A. si fanno paladini come affermano nel bilancio 2019.

Non è solo una nostra opinione, è l’opinione della maggioranza degli Italiani espressa con il referendum abrogativo del 2011

il documento del Consiglio di Amministrazione di G.A.I.A. spa

Abbiamo scritto che non ha alcun significato la comparazione tra società e azienda speciale e che, semmai, dovrebbe essere comparata la gestione pubblica e la gestione privata includendo in essa le società a totale capitale pubblico poiché non è solo la proprietà che fa la differenza ma, principalmente le modalità e gli scopi della gestione che sono connessi alla forma e natura del soggetto gestore.

Non possiamo, però, esimerci di commentare il documento di G.A.I.A. spa che consente di integrare, o ripetere, quanto espresso nei paragrafi che precedono.

La prima stranezza che riscontriamo sta nel fatto che Gaia spa esercita una sola attività. la gestione del servizio idrico, che tale attività è regolamentata dal d.lgs. 152/2006 (Codice Ambiente) ed in particolare dalla Sezione III gestione Delle Risorse Idriche, che ha sostituito la Legge 36/1994 (Legge Galli) ma entrambe non sono mai state, praticamente, prese in considerazione nonostante la loro valenza nella gestione del servizio idrico.

È preferibile fare riferimento ai servizi pubblici in generale ignorando le norme di settore che, essendo specifiche, sono più chiare e precise.

Forse l'omissione nelle citazioni è dovuta al fatto che l'art. 1 della Legge Galli, "Tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo, sono pubbliche e costituiscono una risorsa che è salvaguardata ed utilizzata secondo criteri di solidarietà", e l'art. 2, "L'uso dell'acqua per il consumo umano è prioritario rispetto agli altri usi del medesimo corpo idrico superficiale o sotterraneo", potrebbero contribuire a metter in discussione il principio della "rilevanza economica".

2 Gaia spa, una società interamente pubblica di proprietà dei comuni

Gaia spa è una società a capitale pubblico ma non è una società pubblica poiché gestisce il servizio in modo "privatistico". È una società formalmente pubblica ma sostanzialmente privata, cioè è una società, potenzialmente, sia pubblica che privata come riporta la già citata sentenza del Consiglio di Stato n. 01385/2020. 
Gli Italiani con il referendum del 2011, con l'abrogazione dell'Articolo 23 - bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 e della "remunerazione del capitale investito" con modifica dell'art. 154 del d.lgs. 152/2006, si sono espressi per la gestione pubblica del servizio idrico integrato, ossia fuori da ogni logica di mercato e profitto che, al contrario, sono lo scopo delle società sia pubbliche che private.

3 Inquadramento ed evoluzione normativa

Un capitolo, questo, incompleto e, per tale motivo equivoco, come già segnalato in precedenza poiché fa un excursus legislativo che parte dalla legge Giolitti n.103 del 1903 ma dimentica i due capisaldi del servizio idrico citati in precedenza.

Non serve un richiamo normativo che non tiene conto della normativa di settore, sempre applicabile anche in deroga alla normativa generale laddove previsto.

Non è corretto il richiamo all'art. 117 del Tuel per la formazione della tariffa del servizio idrico in quanto la stessa è regolata dall'art. 154 del d.lgs. 152/2006 in modo più specifico e attinente. Il principio del full cost recovery è previsto dallo stesso art. 154, comma 1, che impone "... in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio "chi inquina paga..." e non comprende, perché abrogata, "l'adeguata remunerazione del capitale investito", al contrario, prevista dall'art. 117 Tuel.

Nemmeno è corretto il punto "Preme anche a questo proposito ricordare che la normativa e la giurisprudenza comunitaria affermano l’irrilevanza della forma di gestione pubblica o privata, e non vincolano gli enti competenti all'una oppure all'altra, purché venga assicurato il rispetto dei principi concorrenziali." essendo principi che non riguardano l'idrico  e, comunque, il dubbio sulla concorrwnzialità può sorge con le società e non con le Aziende Speciali, on deve nemmeno essere richiamato  l'articolo 2, paragrafo 1, della direttiva europea 2014/23/UE del 26 febbraio 2014, sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, ma, al contrario, dovrebbe esserne richiamato:
  1. punto 40 delle considerazioni iniziali
    "Le concessioni nel settore idrico sono spesso soggette a regimi specifici e complessi che richiedono una particolare considerazione data l’importanza dell’acqua quale bene pubblico di valore fondamentale per tutti i cittadini dell’Unione. Le caratteristiche particolari di tali regimi giustificano le esclusioni nel settore idrico dall’ambito di applicazione della presente direttiva. L’esclusione riguarda le concessioni di lavori e di servizi per la messa a disposizione o la gestione di reti fisse destinate alla fornitura di un servizio al pubblico in connessione con la produzione, il trasporto o la distribuzione di acqua potabile o l’alimentazione di tali reti con acqua potabile. Anche le concessioni per lo smaltimento o il trattamento delle acque reflue e per progetti di ingegneria idraulica, irrigazione o drenaggio (in cui il volume d’acqua destinato all'approvvigionamento d’acqua potabile rappresenti più del 20 % del volume totale d’acqua reso disponibile da tali progetti o impianti di irrigazione o drenaggio) dovrebbero essere escluse nella misura in cui siano collegate a una attività esclusa."
  2. Articolo 12 - Esclusioni specifiche nel settore idrico
    1. La presente direttiva non si applica alle concessioni aggiudicate per:
    a) fornire o gestire reti fisse destinate alla fornitura di un servizio al pubblico in connessione con la produzione, il trasporto o la distribuzione di acqua potabile;
    b) alimentare tali reti con acqua potabile.
    2. La presente direttiva non si applica inoltre alle concessioni riguardanti uno o entrambi dei seguenti aspetti quando sono collegate a un’attività di cui al paragrafo 1:
    a) progetti di ingegneria idraulica, irrigazione, drenaggio, in cui il volume d’acqua destinato all’approvvigionamento d’acqua potabile rappresenti più del 20 % del volume totale d’acqua reso disponibile da tali progetti o impianti di irrigazione o drenaggio; o
    b) lo smaltimento o il trattamento delle acque reflue.

Ancora una volta è confermato che il rispetto del principio della concorrenza non riguarda il servizio idrico.

Anche il richiamo alla giurisprudenza della Corte di Giustizia UE non è pertinente poiché relativa alla direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014 sugli appalti pubblici che sono cosa diversa dalle concessioni, regolate peraltro, dalla direttiva 2014/23/UE del 26 febbraio 2014, e, inoltre, non riferita al servizio idrico che come segnalato in precedenza non può rientrare, per la sua natura e per l'assoluta assenza delle caratteristiche connesse alla concorrenza.

Con il riferimento, inoltre, alla trasformazione che ha portato alla costituzione di ABC Napoli si esprimono solo delle opinioni non supportate da giurisprudenza poiché nessun organismo della giustizia amministrativa si è espresso considerandola "contra legem", così come non si è espresso in modo contrario. Il riferimento alle pronunce della Corte dei Conti, si ipotizza della Sezione delle Autonomie, non essendo indicato nel documento Gaia, n. 2/2014 e n. 21/2014 sono conseguenti alla richiesta di pareri da parte del Comune di Torino, la prima, e dal Comune di Scala (SA), la seconda, peraltro non pertinente sempre che sia quella della Sezione Autonomie (bisognerebbe essere più precisi con i riferimenti  - ndr).

Il parere richiesto dal Comune di Torino non riguardava la legittimità della gestione del servizio mediante Azienda Speciale ma la legittimità del ricorso alla trasformazione eterogenea anche se, implicitamente, ha legittimato la gestione meddiante Azienda Speciale.

Il fatto che la gestione del servizio da parte delle Aziende Speciali sia minoritario è dovuto solo, come ricordato anche dal documento di Gaia, da scelte e indirizzi politici che la proposta di legge di iniziativa popolare per la ripubblicizzazione ed i referendum del 2011 hanno, però, sconfessato.

Il paragrafo conclude in modo sconcertante con le affermazioni "La storia più recente, di questi ultimi anni, lo ha riportato in vita e posto sullo stesso piano delle altre forme di gestione, senza alcun preconcetto di segno negativo. Ne segue che, sul piano della fattibilità giuridica, ad oggi la trasformazione regressiva da in house ad azienda speciale è in punto di diritto da ritenersi legittima e non vietata dall'ordinamento."

Nella realtà la parte precedente del paragrafo manifesta numerosi preconcetti arrivando persino ad affermare una carenza normativa non vera che si contraddice con le parti seguenti del documento e che è frutto o di una scarsa conoscenza dell'Azienda Speciale o della volontà di difendere la gestione mediante società con unica ragione quella di salvare il proprio ruolo che, come visto, è di assoluto dominio nelle società e praticamente assente nelle Aziende Speciali. Chiamarla, inoltre, trasformazione regressiva, che non è un termine giuridico ma usuale, sembra voglia trarre in inganno con un significato che può anche essere di "ritorno indietro, ritorno al passato". L'art. 2500 septies del Codice civile è titolato "Trasformazione eterogenea da società di capitali" e, allora, chiamiamola "Trasformazione eterogenea" che è il suo nome ed evita confusioni ed incomprensioni. 

Certamente l'Azienda Speciale è regolata da una normativa diversa perché si tratta di un ente di diritto pubblico e non di un ente di diritto privato, e il diritto pubblico ha sue regole avendo finalità e scopi diversi da quelle del diritto privato. Non significa che per l'Azienda Speciale la normativa sia carente, è solo diversa, anche se, come per il diritto societario, richiede pareri o sentenze per la sua interpretazione. Non è una carenza della normativa relativa all'Azienda Speciale, ma di tutta la normativa e del costume italiano che vorrebbe sempre adattare le leggi alle proprie esigenze e opinioni.

Nel paragrafo relativo alla "Tutela di genere", stranamente e in modo estraneo alla questione trattata, si ritorna alla carenza normativa con un paragrafo illuminante:
"Anche qui la azienda speciale è rimasta “indietro” rispetto alla cugina società di capitale. Quest’ultima, infatti, è stata profondamente innovata, nei suoi assetti di governance, dal D.Lgs. 6/2003, riequilibrando il “potere” nelle società a vantaggio dell’organo di amministrazione. Nelle aziende speciali, “riformate” con la l. 142/90, tutto ciò non è avvenuto, in quanto l’Ordinamento delle autonomie locali si preoccupò soltanto di fare sopravvivere le aziende municipalizzate dotandole di personalità giuridica".

Ad una affermazione destituita da ogni fondamento poichè nessuno ha mai voluto far sopravvivere le "aziende municipalizzate", delle quali si conviene la non funzionalità, che sono state eliminate proprio con la L. 142/1990 e sostituite con una nuovo modello innovativo nel settore pubblico che, con gli interventi legislativi successivi è diventata un'impresa operativa e funzionale, si aggiunge la precisazione, finalmente, delle vere ragioni che portano a considerare le società più moderne ed efficienti, non nel servizio, ma nel rafforzamento del potere degli amministratori.
Il documento di Gaia, predisposto dagli amministratori, in sostanza, è una forma di autotela e di auto sopravvalutazione.
In una società, come G.A.I.A., ma comune a molte altre, dove la nomina è politica, dove i requisiti sono la onorabilità, professionalità e autonomia ma non la competenza, dove la gestione, ordinaria e straordinaria è delegata al direttore, come nell'Azienda Speciale, non si capisce perchè la modernità dovrebbe stare nel rafforzamento dei poteri degli amministratori. Forse per aumentare i compensi?
Si dimentica, però, che il requisito del controllo analogo preupporrebbe una subordinazione degli amministratori ai Comuni soci e serviti. Un'aumento dei poteri degli amministratori potrebbe ulteriormente indebolire l'attuazione del controllo analogo con il rischio di portare alla "gara" per l'affidamento del servizio, rischio inesistente per le Aziende Speciali.
Anche per questi motivi e logiche riteniamo che nella gestione di un servizio pubblico sia preferibile un'ente pubblico economico dove il "potere" sia in capo a chi è stato scelto ed eletto dai cittadini, questa è la vera modernità.

Questo è il vero errore degli ultimi decenni, quello di credere di poter gestire l'Amministrazione Pubblica con le regole del diritto privato privilegiando i pochi a danno dei molti, creando alti livelli di povertà per un Paese che vuole essere moderno e civile. Anche in questo ha contribuito la gestione di un servizio pubblico essenziale, come l'idrico, che per la logica del profitto e del mercato, invece di volano per lo sviluppo si è trasformato in un freno dello sviluppo.

Oltretutto è anche errata poiché la trasformazione non è da "in house" a azienda speciale. "In house" non è una forma o una struttura ma un modello di gestione che non cambia con la trasformazione in Azienda Speciale anzi la realizza in modo perfetto come conferma la sentenza del Consiglio di Stato, Sezione V, 5444/2019 precisando che l'azienda speciale "è il modello di gestione del servizio pubblico più vicino alla completa internalizzazione o auto produzione del servizio stesso. In questo senso l'azienda speciale è un soggetto in house... L'affidamento del servizio pubblico ad un'azienda speciale configura, pertanto, un c.d.. affidamento in house"

"In house providing", secondo la Corte di Giustizia Europea che, per prima, l'ha formulata, è la gestione diretta del servizio da parte dell'Ente o degli Enti e può realizzarsi tramite Società aventi specifici requisiti come il controllo analogo, la partecipazione totalmente pubblica e l'assenza di vocazione commerciale, ossia l'esercizio prevalente di attività di servizio pubblico,  o tramite Aziende Speciali o Gestioni in Economia per le quali non sono richiesti specifici requisiti essendo, quelli previsti per la società, insiti nella loro natura.

4 L’evoluzione del rapporto ente locale ed organismi partecipati

Un paragrafo che affronta il tema non in modo preconcetto ma certamente influenzato dalle opinioni soggettive che non dovrebbero mai essere presenti in un documento che si propone come tecnico. "Per riflettere sulla opportunità, anche in prospettiva, di costituire una azienda speciale" non serve l'esempio, anche in evoluzione, della struttura adottata da un singolo Comune, Pistoia che, peraltro non è un Comune socio e nemmeno servito da Gaia. Per riflettere sull'opportunità di trasformare la società in azienda speciale, non di costituirla, sarebbe stato più opportuna una dettagliata descrizione della situazione territoriale dell'ambito e gli effetti concreti, in una visione sociale e nell'interesse dei cittadini del territorio, della trasformazione e i Sindaci dei Comuni dell'Ambito avrebbero potuto fare delle riflessioni in modo oggettivo e non condizionato. Ma forse lo scopo del documento di Gaia è un altro.

Bisognerebbe, inoltre, rispondere almeno ad una domanda. Questa struttura, e la sua evoluzione, sono state positive nel dare risposte in termini sociali, e non economici, ai cittadini di quel Comune? e la risposta avrebbe dovuto essere fornita con dati e riferimenti precisi e non con opinioni. Niente il tutto si è risolto con "una volta era così, poi è diventata così ed adesso è così" anche con affermazioni imprecise.

La Legge Galli (L. 36/1994) non ha imposto esternalizzazioni, ha semplicemente cercato di razionalizzare ed ottimizzare la gestione di un servizio che, anche per i consistenti investimenti richiesti, necessitava miglioramenti che potevano essere realizzati in modo collettivo attraverso Ambiti Territoriali Ottimali, cioè omogenei.

L'A.T.O. non è un'aggregazione, forma tipicamente societaria, ma una forma di gestione in comune che ottimizza sinergie e risorse dei Comuni aventi caratteristiche non solo idrografiche omogenee. In alcune regioni, come la Lombardia, l'ambito è stato individuato nelle province anche se con bacini idrografici non omogenei.

L'Azienda Speciale Consortile non è, al contrario delle società, una struttura dove i rapporti tra i suoi aderenti sono rapportati ad un valore economico, il capitale sociale, ma dalla convenzione e dallo statuto previsti dall'art. 30 del TUEL.

L'Azienda Speciale Consortile ha tutte le caratteristiche dell'Azienda Speciale e, come precisato dal Consiglio di Stato, Sez. V, 9 maggio 2001 n. 2605, l'Azienda speciale consortile è definibile come "un'azienda speciale di ognuno degli enti associati" e, in quanto tale, è una gestione collettiva, cioè in comune, dove ogni singolo Comune mantiene il suo ruolo e funzione che gli è attribuita dalla Costituzione e dal TUEL. Cosa non possibile con una società.

Non è una nostra opinione ma l'espressione della Giustizia Amministrativa.

La conclusione del paragrafo tranquillizza sul fatto che il documento non sia preconcetto anche se potremmo ritenere che gli estensori abbiano forti pregiudizi, o interessi opposti, nei confronti dell'Azienda Speciale. Infatti la stessa afferma: 
"In conclusione, uno dei problemi rilevanti che comporta l’evoluzione “bloccata” delle aziende speciali, ed in particolar modo nella loro declinazione di azienda consortile, è proprio che il mondo delle aziende locali è profondamente cambiato, e che mentre, in qualche misura il modello della società in house, anche a controllo analogo congiunto, è andato via via evolvendosi grazie agli interventi normativi e giurisprudenziali ad essi dedicati, per le aziende speciali il tutto si è più o meno “cristallizzato” agli anni ’80, salvo alcuni sporadici interventi normativi che hanno però, in ultima analisi, complicato il quadro più che chiarirlo. Ancora, è evidente che avere una forma giuridica in qualche modo marginale nel panorama delle aziende pubbliche rischia di ostacolare gli eventuali processi aggregativi che si vogliano intraprendere.

Quando si giunge a certe conclusioni, sarebbe opportuna maggiore prudenza e, soprattutto, in un documento che si propone tecnico, maggiori dettagli e spiegazioni, in caso contrario, rischiano solo di essere affermazioni gratuite prive di fondamento.

Se per "evoluzione bloccata" delle Aziende Speciali si intende sul piano normativo e se, per le Aziende Speciali il tutto si è più o meno (che strana espressione per un documento che si propone tecnico - ndr) cristallizzato agli anni 80, ricordiamo la pronuncia  N. 2/SEZAUT/2014/QMIG del 15.01.2014 della Corte dei Conti, Sezione delle Autonomie, citata anche dal documento Gaia ma, probabilmente, non letta, che afferma il contrario. Per quanto concerne la loro declinazione  di azienda consortile, secondo il documento Gaia, "in particolar modo" bloccata, la stessa pronuncia della Corte dei Conti precisa che "L’azienda speciale consortile, rispetto a quella prevista dal citato art. 114, si caratterizza per la presenza di un organo in più: l’assemblea consortile. Infatti, l’art. 31, d.lgs. n. 267/2000, richiama la disciplina dell’art. 114, d.lgs. n. 267/2000". Può essere che le affermazioni siano dovute ad una scarsa conoscenza delle Aziende Speciali e della normativa specifica vigente che, comunque, si aggiunge alla normativa generale relativa alla Pubblica Amministrazione. Provvederemo, in allegato, a sintetizzare le differenze tra le due forme di gestione, pubblica o privata, in una scheda sinottica con l'indicazione della normativa di riferimento.

Curiosa l'affermazione "...mentre in qualche misura il modello della società in house, anche a controllo analogo congiunto, è andato via via evolvendosi...", come a dire, non importa se in modo positivo o negativo, una evoluzione c'è stata. Un poco banale ma, forse è solo un modo, non puntuale, di espressione di un concetto.

La parte del paragrafo citato aggiunge: "il mondo delle aziende locali è profondamente cambiato". A noi non interessa il mondo delle aziende locali, a noi interessa il cambiamento nell'erogazione dei servizi e nel ruolo, sempre più ridotto, degli Enti Locali con una loro trasformazione da funzione sociale a funzione economica secondo logiche di mercato e profitto che non ci piacciono, questa è una nostra opinione, ma anche la constatazione che sono contrari ai principi su cui si basa il nostro Paese e la nostra democrazia.

Il cambiamento, ripetiamo e continueremo a farlo, perché nessuno si dimentichi, in particolare gli "eletti", è quello espresso dai cittadini con la proposta di legge di iniziativa popolare per la ripubblicizzazione del servizio idrico (in commissione Ambiente della Camera con p.d.l. AC 42 di iniziativa dell'on. Daga) e con il referendum del giugno 2011.

Smettiamola di fare affermazioni che si contraddicono subito dopo come quella di "non avere preconcetti" che le conclusioni del paragrafo smentiscono clamorosamente.

5 L’Azienda speciale oggi

5.1 Azienda speciale come ente pubblico economico.

Ci risiamo, quando non si può o non si riesce ad argomentare si cade nei luoghi comuni, comuni a chi ha difficoltà ad accettare, o non conosce, l'Azienda Speciale.

La normativa di riferimento esiste e non è per nulla carente. Ovviamente è diversa da quella delle società perché, lo abbiamo già scritto, diverse sono le finalità e gli scopi, pubblici, cioè di interesse generale, sociali e non economici, quelli dell'Azienda Speciale, e gli scopi privati, cioè di interesse particolare, economici e non sociali, quelli delle società.

Quando si hanno preconcetti e pregiudizi, l'unica via di uscita è quella di affermare che "il contesto normativo di riferimento sulla governance delle Aziende Speciali, e la disciplina e la giurisprudenza che trattano la legittimità di questa figura giuridica per l'erogazione di servizi di interesse generale sono scarni", confidando che nessuno faccia verifiche.

Un documento che si propone come tecnico, ma che tecnico non è, non può limitarsi a delle semplici e scontate enunciazioni senza illustrarle e motivarle.

Perché non affrontare il tema del funzionamento del servizio gestito evidenziando le differenze, negative o positive delle due strutture? Forse perché si dovrebbe ammettere che nella gestione del servizio non c'è nessuna differenza e che le eventuali differenze sono di altra natura, quelle che originano maggiori costi per gli utenti e che si riscontrano nelle società.

L'abbiamo già spiegato, la comparazione dovrebbe essere limitata all'impresa pubblica, l'Azienda Speciale, e all'impresa privata, la società.

Nella prima l'efficienza, l'efficacia e l'economicità è lo scopo imposto dal tanto vituperato art. 114 del TUEL che impone anche l'equilibrio di bilancio, cioè il pareggio. Nella seconda l'efficienza, l'efficacia e l'economicità sono solo una modalità di gestione condizionata dallo scopo della società, il profitto, infatti come rileviamo dal bilancio gli investimenti sono in forte ritardo rispetto alle previsioni del Piano d'Ambito con conseguenze anche sanzionatorio e con un utile, prodotto da un maggior costo del servizio, vanificato da sanzioni, da rischi per gestione di strumenti finanziari derivati nozionali e da imposte dirette.

Ripetiamo per coloro a cui fosse sfuggito, che la gestione del servizio, che è l'unica cosa che qui interessa, non è realizzata dalla società ma dall'impresa che fa capo alla società, cioè dall'organizzazione da parte dell’imprenditore (art. 2082 c.c.), del complesso dei beni destinati a tale attività e che costituiscono l’azienda (art. 2555 c.c.).

Forse è sfuggito, pur citandolo in continuazione, che l'art 114 del TUEL attribuisce all'Azienda Speciale l'autonomia imprenditoriale che è, appunto, l'autonomia, rispetto all'Ente, di organizzazione dell'impresa rendendo, implicitamente applicabile il Titolo II del Libro V del Codice civile ove compatibile.

Poiché, inoltre, con la trasformazione, art. 2498 del Codice civile, l'ente trasformato conserva i diritti e gli obblighi e prosegue in tutti i rapporti anche processuali dell'ente che ha effettuato la trasformazione, l'impresa si trasferisce, ovviamente compresi i lavoratori, senza modifica alcuna e il Presidente nella sua relazione al bilancio 2019 afferma che "GAIA è un'azienda (correggiamo: impresa - ndr) dall'ottimo potenziale, i cui dipendenti sanno fare squadra..." nulla cambierà se non, forse, in meglio.

Si afferma che il contesto normativo di riferimento sulla governance delle Aziende Speciali è scarno? Tutt'altro, l'art. 114 del TUEL non attribuisce al Consiglio d'Amministrazione alcuna funzione poiché la responsabilità della gestione è attribuita al direttore con la guida e gli indirizzi attribuiti agli Enti Locali partecipanti all'Azienda Speciale Consortile.

E' sempre più evidente l'autoreferenzialità della preoccupazione che ritroveremo, in seguito, in altri passaggi del documento Gaia.

Si sottolinea che anche "la disciplina e la giurisprudenza che trattano la legittimità di questa figura giuridica per l'erogazione di servizi di interesse generale è scarna", in questo il documento potrebbe avere ragione ma è scarna solo perché la questione della legittimità, dopo il referendum del 2011, non esiste. Lo afferma anche la più volte citata pronuncia   della Corte dei Conti, Sezione delle Autonomie n. 2 del 15.01.2014: "D’altra parte, la Sezione remittente riferisce di un orientamento dottrinario, talora inverato nella prassi amministrativa, favorevole all'operazione prospettata dalla Città di Torino. Esso è maturato per effetto dell’abrogazione, con d.P.R. 18 luglio 2011, n. 113, a seguito di referendum popolare, dell’art. 23-bis, d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla l. 6 agosto 2008, n. 133, in materia di modalità di affidamento e di gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica; disposizione, questa, volta a garantire la massima concorrenza nei servizi pubblici a rilevanza economica contenendo al minimo le ipotesi di affidamento diretto e di gestione in house providing. Infatti, a seguito dell’iniziativa referendaria, si riespandono le norme comunitarie, dalle quali non si evince un divieto assoluto alla gestione diretta o mediante azienda speciale dei servizi pubblici locali."

La questione dell'ente pubblico economico, che è tale perché ente pubblico e perché deve realizzare nella gestione l'autosufficienza economica e finanziaria che consente di rispettare l'obbligo dell'equilibrio di bilancio attraverso i corrispettivi delle bollette, realizzando, peraltro, il reale "full cost recovery", e che non può essere un ente pubblico non economico poichè quest'ultimo realizza l'equilibrio di bilancio attraverso il corrispettivo del servizio reso agli Enti Locali, è, nonostante l'affermazione, oziosa anche e soprattutto per quanto riguarda la crisi d'impresa, come vedremo successivamente.

Anche le parti successive sono oziose, inutili e prive di ogni fondamento lasciando trasparire che la Pubblica Amministrazione, non solo l'Azienda Speciale, non è gradita.

Le Aziende Speciali sono organismi che si collocano nella Pubblica Amministrazione e l'attribuzione della personalità giuridica, l'obbligo dell'iscrizione nel registro delle imprese e di deposito del bilancio, nonché l'autonomia imprenditoriale, non ne cambia la natura essendo, comunque, enti strumentali degli enti locali.

Le società non possono essere articolazioni degli enti locali, anche se gestiscono servizi in house, per la loro natura e per le ragioni che abbiamo illustrato nella prima parte.

I loro organi non sono assoggettati a vincoli gerarchici facenti capo all'Ente Locale e, tale fatto, rientra tra le anomalie delle società in house indicate dalla citata sentenza della Cassazione (Civile Sent. Sez. U. Num. 26283 Anno 2013) e nemmeno i suoi dirigenti sono legati alla Pubblica Amministrazione come conferma la sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 27 giugno 2018, n. 3946, citata dal documento Gaia, stranamente, per affermare il contrario, laddove richiama la sentenza della stessa Sezione V n. 4435 del 22.09.2017 che precisa: "Il principio di diritto affermato dalle SS.UU della Cassazione secondo cui le controversie concernenti la nomina e la revoca di amministratori di società partecipate da enti pubblici sono devolute alle giurisdizione ordinaria, non si applica nel caso di revoca di un amministratore unico di un'azienda speciale ex art. 114 t.u.e.l.".

Se le controversie concernenti la nomina e la revoca degli amministratori delle società è competenza della giurisdizione ordinaria, al contrario di quelle delle Aziende Speciali, è evidente che gli organi societari ed i dirigenti delle società sono estranei alla Pubblica Amministrazione.

Non è un caso che l'art. 12 del TUSP abbia introdotto il principio del danno erariale provocato agli enti partecipanti dagli amministratori delle società con gestione in house, non esistente in precedenza, che si aggiunge alle responsabilità previste dal codice civile.

Le analogie, ma anche le differenze, tra le società in house e le Aziende Speciali sono numerose e dovute al fatto che la prima è regolata dal diritto privato e la seconda dal diritto pubblico, entrambe con aspetti positivi e negativi valutabili unicamente dalla funzione, sociale o economica, che si vuole attribuire alla gestione del servizio.

Riteniamo, al contrario del documento Gaia, che non esistano differenze in termini operativi che si identifica nell'impresa, cioè nell'organizzazione, che, come già sottolineato, con la trasformazione resta la stessa senza alcuna variazione fatte salve eventuali valutazioni di merito che competono ai Sindaci e non a noi.

5.2 Azienda speciale consortile

5.3 Consorzio-Azienda e Consorzio amministrativo per l’esercizio di funzioni

È arduo commentare questa parte del documento Gaia poiché non è basata su una costruzione di diritto, pur pubblico, lessicale ma nemmeno logico.

Il tutto è molto più semplice con richiamo di legge e giurisprudenziali e con l’uso di terminologie corretta e coerente. 

L’Azienda Speciale Consortile non è una “variazione sul tema”, è la lettura coordinata dell’art. 31 e dell’art. 114 del TUEL.

I Consorzi, previsti dall'art. 31, non sono espressione della "funzione mutualistica nel contratto associativo di consorzio" essendo solo sono una forma associata di coordinamento di un'attività. Mutualistiche sono le cooperative che sono una cosa diversa. Non sono un "contratto" che è una definizione di natura civilistica, vedasi art. 2603 c.c. e non pubblicistica. Sono un accordo per la gestione di uno o più servizi e l'esercizio associato di funzioni, l'accordo non è un "contratto" ma una convenzione (ex art. 30 TUEL).  Le convenzione sono semplicemente una regolamentazione e devono stabilire i fini, la durata, le forme di consultazione degli enti contraenti, i loro rapporti finanziari ed i reciproci obblighi e garanzie nei confronti del consorzio, una cosa ben diversa dal contratto sociale previsto dall'art. 2247 c.c. e regolato dagli articoli del Titolo V, Libro V del codice civile.

Poiché il comma 1 dell'art. 31 del TUEL stabilisce che il Consorzio si costituisce secondo le norme previste per le aziende speciali di cui all'articolo 114, in quanto compatibili, e l'unica incompatibilità sta nel fatto che si tratta un ente collettivo e collegiale, la denominazione non può che essere "Azienda Speciale Consortile" e la normativa applicabile è quella, appunto, dell'Azienda Speciale che non è solo l'art. 114 del TUEL.

I consorzi sono finalizzati alla gestione associata di "uno o più servizi", e in questo caso sono enti pubblici economici, dovendo essere autosufficienti nella gestione economica equilibrando i costi e i ricavi, oppure all'esercizio associato di funzioni di competenza degli Enti Locali, sostituendosi agli stessi e da loro ricevendo contributi o corrispettivi per equilibrare il bilancio e, per questo sono enti pubblici non economici ai sensi dell'art. 113 bis del TUEL.

La distinzione è importante perché per la loro diversa funzione si applica, ai primi, la direttiva europea 2014/23/UE del 26 febbraio 2014, mentre ai secondi si applica la direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014 erroneamente richiamata con riferimento ai primi.

Certamente l'Azienda Speciale Consortile risultante dalla trasformazione eterogenea, e non regressiva, non è un "consorzio-azienda", che non esiste, ma un "consorzio di gestione" o un "consorzio di funzioni".

5.4 Governance

Anche per quanto riguarda la Governance, nulla cambia, se non nella forma, relativamente alla nomina. Sottolineare che nell'Azienda Speciale Consortile è necessaria la convergenza degli Enti Locali, cosa che avviene in tutti gli organismi collettivi, comprese le società, in house o meno, è una situazione di preconcetto che, pure, si nega.

Riteniamo positiva e qualificante l'ampliamento della governance prevista dall'art. 114 del Tuel con l'aggiunta, al direttore, al Presidente e al Consiglio di Amministrazione, dell'Assemblea Consortile poiché restituisce al servizio pubblico quella valenza essenziale frutto di un maggiore e reale controllo analogo, della determinazione delle finalità e degli indirizzi, di approvazione degli atti fondamentali, di esercizio della vigilanza e della verifica dei risultati della gestione che, essendo il servizio pubblico, in particolare l'idrico, innanzitutto una funzione istituzionale e sociale, pone l'eletto dai cittadini direttamente a confronto degli stessi sia in modo positivo che negativo.

Un Consiglio di Amministrazione, nominato, senza vincoli gerarchici ed esterno alla Pubblica Amministrazione non può avere lo stesso ruolo e, nonostante affermazioni retoriche, demagogiche e formali, riportate anche nelle relazioni dei bilanci, non pongono al centro del sistema i cittadini ma il risultato economico della società.

Anche in questo sta il significato del referendum del 2011. i cittadini preferiscono confrontarsi con i loro rappresentanti eletti e non con terzi a loro sconosciuti.

È arduo commentare un documento come quello predisposto dal CdA di Gaia, spesso incomprensibile. Che cosa significa "Vediamo l’articolo per comprenderne la portata attuale, sottolineando che l’art. 114 è stato modificato non per adeguare le aziende speciali alla realtà odierna, ma solo per esigenze di armonizzazione della contabilità pubblica e non tanto per regolare le aziende speciali quanto piuttosto le istituzioni"?

Ci ripetiamo ma ne siamo costretti. Un documento che si propone tecnico, deve essere redatto in modo oggettivo senza pregiudizi e, soprattutto, in modo non tendenzioso.

L'art. 12 delle preleggi al Codice civile, Interpretazione della legge, stabiliscono che "Nell'applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore".

Se le modifiche all'art. 114 per l'Azienda Speciale sono di notevole importanza e distinte da quelle relative alle Istituzione, non si capisce perché le stesse non siano state introdotte per L'Azienda Speciale ma per le Istituzioni. Ci auguriamo che oltre a riportare l'intero articolo 114, lo abbiano anche letto.

La questione sollevata con riferimento al comma I dell'art. 114 e relativo alla contabilità dell'Azienda Speciale è un falso problema poiché la contabilità economico-patrimoniale, o civilistica, ed i principi del codice civile ad essa applicati rilevano giorno per giorno le operazioni relative all'esercizio dell'impresa siano essi economici o patrimoniali (art. 2216 del Codice civile) e consentono la elaborazioni di ogni tipo di documento e informazione. Il bilancio, infatti, è composto da una parte patrimoniale che espone attività e passività compresi debiti e crediti, che sono la funzione del principio n. 16 della contabilità generale pubblica, ossia quello della "competenza finanziaria potenziata", da una parte economica e dal rendiconto finanziario, che opportunamente adattato, può esprimere anche la contabilità pubblica.

Tutte le questioni possono essere ingigantite o semplificate, dipende dall'obiettivo che si vuole perseguire.

Non comprendiamo se il commento relativo all'attribuzione della gestione, con relativa responsabilità, al direttore esprime un giudizio negativo, positivo o neutro. Il documento Gaia, evidenzia, correttamente che anche la società può affidare, con opportune deleghe, la gestione al direttore ed assumere una connotazione simile all'Azienda Speciale che è quello che avviene in G.A.I.A spa come è indicato a pag. 1 del bilancio 2019: "Il Consiglio di amministrazione non ha assegnato deleghe operative a nessun consigliere né al Presidente, affidando la gestione ordinaria e straordinaria della Società al Direttore Generale .....".

La trasformazione, sul piano operativo, è quindi ancora più semplice e non modifica nulla. L'unica differenza è che con la società, il direttore è nominato dal Consiglio d'Amministrazione che gli attribuisce le deleghe della gestione ed è subordinato ad esso, dopo la trasformazione sarà nominato dagli Enti Locali, le deleghe sono attribuite dall'art. 114 del TUEL e sarà subordinato all'Assemblea consortile dalla quale riceverà le indicazione per gli indirizzi e le finalità.

Dopo la trasformazione, inoltre, il controllo analogo sarà reale perché l'esercizio sarà realmente in capo ai Comuni attraverso i Sindaci ma anche attraverso i Consigli comunali che dovranno approvare gli atti fondamentali quelli previsti dal comma 8 dell'art. 114 del TUEL.

La definizione dell'Azienda Speciale è contenuta nel comma 1 dell'art. 1114 del TUEL  mentre quella dell'Istituzione dal comma 2, gli atti fondamentali dell'Azienda Speciale sono stati introdotti con il comma 8 mentre quelli dell'Istituzione con il comma 8 bis, per smentire, ulteriormente, l'affermazione che le modifiche all'art. 114 sono state introdotte "non tanto per regolare le aziende speciali quanto piuttosto le istituzioni"

Un breve commento sul ruolo dei Consigli Comunali, considerato che il documento Gaia li ritiene responsabili di un presunto "sviluppo bloccato", è necessario.

Innanzitutto, il ruolo dei Consigli Comunali non è un ruolo esecutivo, devono semplicemente approvare gli atti fondamentali, cioè svolgere quel ruolo che nelle società è competenza dell'assemblea dei soci, anche se gli atti, proprio per la diversa natura dell'ente, non si limitano al solo bilancio d'esercizio ma anche ad atti, come il piano programma e budget economico, che nella società sono di competenza del Consiglio di Amministrazione.

Il ruolo esecutivo, nell'Azienda Speciale, è dell'Assemblea Consortile alla quale compete, oltre a quanto già indicato, come evidenzia la pronuncia della Corte dei Conti Lombardia 283/2017, approvare gli atti fondamentali prima dei Consigli Comunali per poi sottoporli alla loro approvazione in quanto, l'Assemblea Consortile, è l'organo di raccordo tra l'Azienda Speciale ed i Consigli Comunali.

L'assemblea consortile potrebbe essere identificata con il Consiglio di Amministrazione delle società, i Consigli comunali o provinciali, con le funzioni dell'assemblea ed il direttore con l'amministratore delegato.

Non è uno "sviluppo bloccato", è una evoluzione nell'indirizzo di una maggior democratizzazione e incisività nella gestione della "res pubblica", un passo avanti nella modernizzazione dello Stato e sue emanazioni e della realizzazione dei principi costituzionali spesso ignorati.

È una evoluzione anche sul piano "politico culturale" che il referendum del 2011, pur disatteso, ha avviato e che tocca ai Sindaci concretizzare.

6 Alcuni vincoli di finanza pubblica

6.1 Vincolo di territorialità

Non  si capiscono le ragioni per cui il d.lgs. 152/2006 (codice dell'ambiente) sia completamente ignorato dal documento Gaia pur essendo la normativa di riferimento per la gestione del servizio idrico che è l'unica attività della società. Si preferisce richiamare il codice degli appalti che non c'entra nulla con le concessioni e tanto meno con le gestioni in house trattandosi di affidamento diretto.

Sarebbe stato sufficiente riportare l'ultima parte dell'art. 149 bis, comma 1, per accertare il vincolo di territorialità per le gestioni in house providing da parte delle società.

"L'affidamento diretto può avvenire a favore di società interamente pubbliche, in possesso dei requisiti prescritti dall'ordinamento europeo per la gestione in house, comunque partecipate dagli enti locali ricadenti nell'ambito territoriale ottimale"

Nelle Aziende Speciali non serve nemmeno precisarlo perché il vincolo territoriale è nella stessa natura dell'ente.

6.2 Personale

Nessuna differenza sostanziale tra Azienda Speciale e Società per quanto riguarda il personale sia per quanto riguarda il limite alle assunzioni e contenimento della spesa sia per le modalità di reclutamento, le differenze sono solo formali e non incidono in alcun modo.

Per quanto concerne il rapporto di lavoro sia per la società a controllo pubblico sia per le aziende speciali valgono le generali regole privatistiche. La contrattazione collettiva, sia alle società a controllo pubblico sia alle aziende speciali, è quella dei contratti collettivi propri del settore di appartenenza del datore di lavoro e, dunque, non sussiste alcuna differenza.

Con riferimento alla trasformazione, si applicano, le disposizioni di cui all'art. 2112. del c.c., mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d'azienda, essendo la trasformazione assimilata al trasferimento come previsto dal comma 5 dello stesso articolo.

L'unico problema che si individua è l'inquadramento previdenziale che per le società è quello privatistico, il Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti (FPLD) mentre per le Aziende Speciali Consortili è quello del settore pubblico, la Cassa Pensioni Dipendenti Enti Locali (CPDEL), entrambi gestiti dall'INPS. Questa situazione comporta, per quanto riguarda il calcolo della pensione, la necessità di riunificare i contributi versati in casse diverse, che può avvenire attraverso tre meccanismi, con la ricongiunzione dei contributi, con la totalizzazione dei contributi o con il cumulo dei contributi, introdotto con la legge di stabilità 2013 e perfezionato con la legge di stabilità 2017. È un aspetto da approfondire magari con la collaborazione di un patronato.

Allo stato attuale, si può affermare che, per i lavoratori, il passaggio da SpA ad azienda speciale, e, più in generale, tra aziende che hanno diversa forma giuridica, non muta la sostanza della loro condizione contrattuali, retributive e previdenziali. Un intervento del legislatore per una equiparazione delle due gestioni, visto che entrambe sono gestite dall'INPS, sarebbe opportuno e non solo per le Aziende Speciali ma per tutto il sistema.

6.4 Compensi agli amministratori

Il D.L. 78/2010 art. 6 c.2, prevede la non corresponsione di compensi, carica onorifica, solo per le Aziende Speciali che comunque ricevono contributi a carico delle finanze pubbliche, tipico degli enti pubblici non economici. Nelle Aziende Speciali che gestiscono servizi pubblici l'unico apporto degli Enti Locali è il capitale di dotazione e, quindi, i compensi possono essere corrisposti.

Nel caso di Gaia bisognerà, a tale scopo, capire se i mutui non pagati, nonostante l'obbligo previsto dal d.lgs. 152/2006, art. 154, devono essere considerati alla stregua dei contributi.

6.5 Gli aspetti fiscali

Si concorda sulla parità di trattamento fiscale ai fini della imposizione diretta ed indiretta pur non condividendo l'impostazione del documento che riteniamo errata.

Il riferimento ad ABC Napoli è incomprensibile perché la stessa è un'Azienda Speciale a tutti gli effetti cui si applica la disciplina di cui al d.lgs. 39/2013 (Disposizioni in materia di inconfutabilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni ...), in quanto tale, ai sensi dell'art. 1, c. 2 lett. b), del d.lgs. 39/2013, in questo senso anche la delibera ANAC n. 691 del 17 luglio 2019 e l'orientamento della stessa Autorità n. 13/2015/AC  Non esiste alcuna riconducibilità dell'Azienda Speciale alla categoria degli «enti di diritto privato in controllo pubblico» e, comunque, non c'entra nulla con il fatto che entrambe siano soggetti IRES e IRAP.

ABC Napoli è soggetta alle imposte dirette, non solo perché desumibile da bilancio, è un po' poco, ma perché rientra, secondo la Risoluzione dell'Agenzia delle Entrate (RIS) n. 92 /E del 18 giugno 2001,  tra gli enti pubblici aventi per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di un'attività commerciale (con qualche perplessità su tale definizione che riteniamo impropria ma che esprime il concetto) e, quindi con applicazione dell'articolo 87, comma 1, lett. b), del TUIR.

I corrispettivi di un servizio pubblico, in particolare l'idrico, sono soggetti ad IVA ai sensi dell'art. 3, prestazioni di servizi, del DPR 633/1972 e s.m.i., in quanto non si tratta di cessione di un bene ma l'erogazione di un servizio come conferma l'Agenzia delle Entrate con la Risoluzione 11/E del 17.01.2014 (Trattasi, in altre parole, del servizio generale di erogazione idrica, il cui corrispettivo - determinato applicando il regime tariffario in uso - è commisurato ai consumi misurati tramite contatori intestati ai singoli utenti. È una questione non marginale poiché se fosse una cessione di beni l'IVA applicabile potrebbe essere quella ordinaria (22%) come ha stabilito la Commissione tributaria provinciale di Torino con la sentenza n. 1333/03/19 del 12.112019.

7 Le perdite e l’applicabilità delle procedure concorsuali

Anche se il rischio di impresa è quasi assente per il fatto che è una gestione in regime di monopolio naturale dove le difficoltà create dal mercato e dalla concorrenza non esistono, le tariffe garantiscono i ricavi ed il profitto, con gli oneri finanziari del gestore, cioè l'abrogata remunerazione del capitale investito, ma anche con costi inesistenti, con conguagli, grazie al metodo non condiviso, quasi sempre a favore del gestore.

Si potrebbe dire che è molto più difficile perdere che fare profitti. C'è, però, sempre l'incognita umana che, essendo l'uomo fallibile, riesce a sbagliare anche quando è impossibile, e spesso, gli errori sono estranei alla gestione operativa.

.È un rischio comune ad entrambe le strutture, anche se minore nelle Aziende Speciali per la diversa struttura della governance, ed il legislatore, anche considerata la diversa natura, ha emanato norme, a volte, diverse ma assimilabili per quanto riguarda gli effetti. Bene ha fatto il legislatore ad introdurre regole rigide e ferree che non costituiscono una limitazione operativa ma la tutela dei Beni Comuni, di quei beni che sono della collettività e non di chi li gestisce

Ma è anche il solito leit motiv del documento Gaia, quello di "dare addosso" all'Azienda Speciale nello strenuo quanto inutile tentativo di  renderla inaccettabile. Sembra, secondo il documento Gaia, che il legislatore sia preoccupato solo per il rischio di crisi di impresa dell'Azienda Speciale ma non per le società in house. Forse agli estensori è sfuggito qualcosa,

Il legislatore ha introdotto, con la legge di stabilità 2014, una serie di disposizioni che non sono punitive, sono solo una prevenzione contro possibili danni dovuti a cattive o non corrette gestioni delle Aziende Speciali.

Ha però introdotte, con il TUSP, norme che sono molto simili, nei provvedimenti, a quelli delle Aziende Speciali. Nella relazione del Governo accompagnatoria al TUSP. in relazione all'art. 21, viene testualmente riportato che "La norma riproduce la disciplina contenuta nell'art. 1, commi 551, 552 e 554, della legge n. 147/2013, che ha introdotto criteri di responsabilità finanziaria delle amministrazioni locali stabilendo le Modalità con le quali le pubbliche amministrazioni locali partecipanti devono procedere all'accantonamento in caso di risultato negativo da parte delle società partecipate e prevedendo misure di riduzione dei compensi degli amministratori o di revoca per giusta causa in caso di conseguimento reiterato di risultati economici negativi."

Per le società, inoltre, alle disposizioni introdotte con il TUSP, si aggiungono le norme del codice civile, con particolare riferimento, per quanto riguarda le perdite, agli artt. 2446, 2447 e 2484. Anche l'art. 2086, comma II (comma aggiunto dall'art. 375 del Decreto legislativo 12 gennaio 2019 n. 14) del codice civile assume notevole importanza alla luce nuovo codice della crisi d'impresa che avrebbe dovuto entrare in vigore il 15 agosto scorso ma poi differito, causa COVID-19, al 01.09.2021.

7.1 Le perdite di esercizio

Un documento obiettivo e non preconcetto avrebbe evitato di scrivere "prevedendo un regime più punitivo per le perdite di esercizio, rispetto a quello previsto per le società in house", che, peraltro, non è vero, ed evidenziare l'evoluzione complessiva della normativa in caso di perdita sia nel diritto privato che in quello pubblico.

Una comparazione è corretta se mette in luce tutta la normativa di entrambe le strutture che ne sono oggetto, in modo acritico, lasciando alle parti cui è indirizzato il documento le conclusioni di merito. Gli estensori del documento Gaia, al contrario si limitano a riportare quattro comma della Legge di stabilità 2014 ignorando, quasi completamente, quanto, assimilabile, introdotto con il TUSP. Gli unici accenni, fantasiosi, al TUSP servono solo a mettere in cattiva luce l'Azienda Speciale.

Il primo, di questi, è l'affermazione che il TUSP, nel caso di accantonamento da parte dei Comuni per perdite, avrebbe concesso una agevolazione alle società riducendone l'importo. da accantonare per i Comuni. Non si stratta di alcuna agevolazione, è evidente che il legislatore, con la dizione "per risultato si intende la differenza tra valore e costi della produzione" fa riferimento al risultato operativo che, nelle società, per effetto di operazioni di altra natura rispetto all'attività operativa, potrebbe anche avere posizioni positive o negative. Per le Aziende Speciali alle quali non sono consentite operazioni di natura finanziaria questo problema non si pone.

Anche la sottolineatura sulla presunta "sentenza di morte" in caso di perdite ripetute senza precisare che la norma prevede perdite per quattro anni degli ultimi cinque anni consecutivi per l'obbligo della liquidazione, e non perdite ripetute in modo generico, consente, anzi consiglia, agli organi dell'Azienda Speciale, di intervenire preventivamente per evitare conseguenze peggiori e solo un mancato intervento, peraltro in un periodo temporale lungo, quattro anni, impone la liquidazione.

Come precisa la citata relazione del Governo accompagnatoria al TUSP. in relazione all'art. 21, "La disposizione non comporta oneri anzi è volta prevenire situazioni potenzialmente onerose".

La normativa, pur diversa nella forma e nella sua espressione, non è molto diversa da quanto previsto dall'art. 14 del TUSP e dal principio di "continuità aziendale previsto dall'art. 2423 bis del codice e dal nuovo codice della crisi d'impresa.

In questo modo è solo un documento che si propone tecnico ma non lo è, è solo documento di parte con molti errori ed inesattezze, più o meno volontari.

Certo che una società che non ha pagato rate dei mutui pregressi dei Comuni per oltre 37 milioni di euro, pur avendoli riscossi con le bollette degli utenti e con qualche dubbio di legittimità, che ha svalutato il patrimonio netto, in due anni, 2018 e 2019, di € 3.185.822 per effetto di strumenti finanziari derivati nozionali, che ha accantonato  rischi per penali dovuti al mancato rispetto del Piano degli Investimenti, dovrebbe consigliare ai suoi amministratori maggiore prudenza e qualche riflessione.

7.2 Le Aziende Speciali possono fallire?

Si pone un quesito preciso, la fallibilità delle Aziende Speciali, ma si risponde affrontando temi, come quello della possibilità di intervento da parte dell'Ente Locale per una possibile operazione di salvataggio che è estranea al quesito. Preferiamo sdoppiare gli argomenti che non sono connessi in due sub capitoli.

7.2.1 le procedure concorsuali nelle Aziende Speciali e nelle società in house.

Usiamo la definizione "procedure concorsuali" perché più ampia e comprensiva gli strumenti per affrontare le crisi di impresa e lo stato di insolvenza, tra le quali comprendiamo il fallimento, la liquidazione coatta amministrativa e le varie ipotesi di concordato citate nel documento Gaia.

Le procedure concorsuali sono regolate dalla Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare) e, con effetto 01.09.2021, dopo il differimento dovuto al COVID-19 che ha modificato la data di decorrenza in precedenza prevista per il 15.08.2020, dal Decreto Legislativo 12 gennaio 2019, n. 14 (Codice della crisi d'impresa).

La risposta al quesito, per quanto le norme citate è, quindi, che l'Azienda Speciale non può fallire. Ad essa si applica la procedura di Liquidazione Coatta Amministrativa, come confermato dalla pronuncia della Corte dei Conti della Campania con deliberazione n. 11/2018.

L'art. 15, c. 1, del D.L. n. 98 del 06 luglio 2011 stabilisce che "Fatta salva la disciplina speciale vigente per determinate categorie di enti pubblici, quando la situazione economica, finanziaria e patrimoniale di un ente sottoposto alla vigilanza dello Stato raggiunga un livello di criticità tale da non potere assicurare la sostenibilità e l'assolvimento delle funzioni indispensabili, ovvero l'ente stesso non possa fare fronte ai debiti liquidi ed esigibili nei confronti dei terzi, con decreto del Ministro vigilante, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, l'ente è posto in liquidazione coatta amministrativa; i relativi organi decadono ed è nominato un commissario.".

La liquidazione Coatta Amministrativa è la procedura di gestione dello stato di categorie di imprese tra le quali anche gli enti pubblici economici come sono le Aziende Speciali. Cambiano le modalità, rispetto al fallimento, ma gli effetti finali sono sostanzialmente gli stessi. Sia l'Azienda Speciale che la società cessano ogni attività, pur con i diversi istituti, e avviano una fase di liquidazione, non volontaria e, pertanto, soggetta a regole specifiche e gestite da un soggetto terzo che nelle Aziende Speciali e un commissario liquidatore e nelle società un curatore.

G.A.I.A. rileva aspetti e differenze tra le due procedure che, di seguito analizziamo e commentiamo (in corsivo il testo del documento Gaia).

aspetti:
  • In linea di principio il dissesto della azienda speciale non consente ai creditori di aggredire i Comuni soci;
    non vale solo per le Aziende Speciali in liquidazione coatta amministrativa, vale anche per le società fallite, è una osservazione senza alcun significato. È l'effetto della personalità giuridica che separa le obbligazione di entrambe le strutture dai soci o partecipanti.

  • I Comuni non possono comunque ripianare il disavanzo di liquidazione, mentre possono procedere a ripiano delle perdite di esercizio;
    è una questione che non c'entra con la liquidazione e nemmeno con il fallimento, estranea ai due istituti e riferita agli Enti Locali soci o partecipanti.

  • Le perdite sono viste con maggior sfavore dal Legislatore rispetto a quanto accada nelle società;
    si tratta di un opinione non supportata da precisi e circostanziati elementi che non dovrebbe essere inclusa in un documento che si propone tecnico, non ha alcun significato maggiore o minore, le perdite sono sempre un fatto negativo, la posizione del legislatore è particolarmente sfavorevole per eventuale dolo o colpa grave nelle cause che le hanno prodotte.

  • Il soccorso finanziario, salvo che non è regolamentato come nell’art. 14 del Tusp (cosa che, per le società, rende più chiare le procedure da seguire), è comunque un tema incombente;
    è una questione che non c'entra con la liquidazione e nemmeno con il fallimento, estranea ai due istituti e riferita agli Enti Locali soci o partecipanti

Sono commenti, quelli del documento Gaia, che potevano anche essere omessi perché insignificanti e non pertinenti.
differenze:
  • minore varietà di strumenti atti a superare la crisi di impresa: non vi è accesso quindi, al concordato preventivo o al concordato in continuità;
    quello della non possibilità di accesso al concordato preventivo o in continuità, per l'Azienda Speciale mentre è possibile per la società è reale ma è solo teorico perché, in entrambi i casi non è realizzabile per i seguenti motivi:
    • concordato preventivo o anche concordato con cessione di beni:  ai sensi dell'art. 823. del Codice civile, "I beni che fanno parte del demanio pubblico sono inalienabili e non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano". I beni che costituiscono dotazione del servizio idrico, ai sensi dell'art. 143 del d.lgs 152/2006, fanno parte del demanio pubblico. L'unico valore realizzabile è il Valore Residuo dei beni costituenti dotazione del servizio, quantificati con i criteri fissati dal metodo Tariffario, a carico del Gestore subentrante e al netto del Valore di Ripristino. Sino all'affidamento al nuovo gestore si dovrà procedere con l'esercizio provvisorio trattandosi, al contrario, di interruzione di pubblico servizio.
      L'attività del gestore non è un'attività propria ma l'affidamento della gestione di un servizio pubblico regolato da una concessione che può essere oggetto di revoca nel caso di apertura di procedure concorsuali o per la impossibilità di rispetto dell'equilibrio economico finanziario, come nel caso della concessione AIT- G.A.I.A. alla lettera C (Recesso),pag. 54 della convenzione.
      Poiché per la proposta di concordato, dalla presentazione della domanda, ex art. 161, c. 6, L.F, all'approvazione della proposta da parte dell'assemblea dei creditori, può passare un tempo anche superiore all'anno con il rischio, nel frattempo o nel caso di non approvazione della proposta, dell'interruzione di un servizio pubblico, l'ente di governo dell'ambito, dovrà provvedere con l'individuazione di un nuovo gestore.
    • concordato in continuità: vale quanto detto per il concordato con l'unica differenza della cessione di beni che non è prevista in questa ipotesi.
    • è molto più probabile che, nell'ipotesi di liquidazione coatta amministrativa, venga concessa la gestione con un "esercizio provvisorio", vista anche l'interesse pubblico ed il rischio di interruzione di pubblico servizio, anche con una durata medio lungo che consentirebbe un piano di ristrutturazione e la revoca della procedura senza necessità di interventi finanziari, non consentiti, degli Enti Locali.
  • Le procedure di prevenzione della crisi non sono formalizzate come per quanto previsto nel Tusp e nel nuovo Codice della Crisi di Impresa;
    • le procedure di prevenzione della crisi previste dal TUSP, art. 14, sono adempimenti da adottare a cura degli amministratori che possono essere adottate, volontariamente o per indicazione dell'assemblea consortile quando se ne ravvedano i presupposti e, comunque, prima del quarto anno di perdita che porterebbe alla liquidazione.
    • nuovo Codice della Crisi di Impresa: si tratta di una norma sostitutiva della Legge Fallimentare per le crisi ed insolvenze successive alla sua entrata in vigore, e quindi non è una procedura di prevenzione da collocarsi nell'ambito del punto precedente quello riferito alle procedure concorsuali.
  • Le responsabilità degli amministratori dei comuni soci sono sostanzialmente riconducibili alla (mancata) attività di controllo analogo e quindi abbastanza in linea. 
    Non si capisce il significato dell'affermazione e, comunque, il controllo analogo non è riferito alla gestione generale, che compete al direttore e ne assume la responsabilità, ma al controllo del servizio e alla sua efficienza, efficacia ed economicità. Il controllo analogo, per definizione della Corte di Giustizia Europea, è lo stesso controllo che l'amministratore pubblico esercita sui servizi erogati direttamente dall'Ente Locale, non c'entra nulla con la responsabilità gestionale dell'Azienda che gode di autonomia imprenditoriale in capo al direttore.

7.2.2 copertura disavanzi di Aziende Speciali da parte dell'Ente Locale

 Con questo argomento si affronta la questione relativa alla possibilità dell'Ente Locale di coprire le perdite dell'esercizio ma anche i disavanzi nelle situazioni di dissesto sia delle società che delle Aziende Speciali.

Azienda Speciale

Il principio che regola questo aspetto è quello di evitare ripercussioni negative sui bilanci dell'Ente Locale limitandone lo svolgimento delle funzioni istituzionali.
Il riconoscimento della personalità giuridica, previsto dall'art. 114, c. 1, del TUEL, separando il patrimonio dell'Azienda Speciale da quello dell'Ente Locale, anche se ente strumentale dello stesso, impone che le Aziende Speciali rispondano delle proprie obbligazioni tramite il proprio patrimonio e non con quello dei singoli partecipanti, trattandosi di enti che godono di autonomia patrimoniale perfetta.

L'art. 15, c. 1, del D.L. n. 98 del 06 luglio 2011, più sopra citato e riportato, fissa un principio, per il caso di dissesto dell'ente, che non lascia spazio a dubbi interpretativi.

La Corte dei Conti Regionale Campania con parere n.n. 11 del 24 gennaio 2018 sottolinea che la "copertura di disavanzi di consorzi, di aziende speciali e di istituzioni, nei limiti degli obblighi derivanti da statuto, convenzione o atti costitutivi, purché sia stato rispettato l'obbligo di pareggio del bilancio di cui all'articolo 114 ed il disavanzo derivi da fatti di gestione", come previsto dall'art. 194 del TUEL in relazione all'iscrizione nel bilancio del Comune di un debito fuori bilancio. Non è possibile, quindi, in assenza delle condizioni indicate, che l'Ente Locale possa procedere con la copertura del disavanzi.

Diversa è la perdita d'esercizio per la quale, come ricordato dal citato parere della Corte dei Conti Regionale Campania 11/2018, si applica quanto disposto dalla legge stabilità 2014 art. 1 c. 551, che prevede, per l'Ente Locale partecipante, l'accantonamento, nel proprio bilancio, di un importo proporzionale alla quota di partecipazione della perdita o del saldo finanziario negativo, sino al completo ripiano degli stessi. Non è una disposizione punitiva ma, coordinata con il comma 555, che prevede la liquidazione dell'Azienda Speciale con perdite in quattro anni su cinque consecutivi, consente agli Enti Locali partecipanti di intervenire, attraverso un piano di risanamento e ristrutturazione.

Giova ricordare che il ripiano della perdita o del saldo finanziario negativo, evitando l'accantonamento nel bilancio, totale o parziale, può avvenire con le quote di utile conseguite con la gestione, anche negli esercizi precedenti, che sono a disposizione degli Enti Locali ai sensi dell'art. 43 del DPR 902/1986.

Società in house

Vale quanto scritto per l'Azienda Speciale relativamente alla personalità giuridica.

Il già citato art. 194 del TUEL prevede l'iscrizione di debiti fuori bilancio, lett. c, anche la "ricapitalizzazione, nei limiti e nelle forme previste dal codice civile o da norme speciali, di società di capitali costituite per l'esercizio di servizi pubblici locali", ma l'art. 193 stabilisce che, ai fini della salvaguardia degli equilibri di bilancio, debbano essere adottati provvedimenti anche per quanto riguarda i debiti fuori bilancio.

Poiché la ricapitalizzazione di società in stato di dissesto, da parte dei soci, non è un atto obbligatorio ma facoltativo per il socio, potrebbe non essere effettuato con tutte le conseguenze che questo comporta. Si applica l'art. 2484 e segg. del c.c., che prevede anche la liquidazione della società, e l'art. 5 della Legge Fallimentare che prevede la dichiarazione di fallimento.

L'art. 12 del TUSP, relativo alla crisi d'impresa di società a partecipazione pubblica, inoltre, prevede che in presenza di uno o più indicatori di crisi, gli amministratori devono provvedere, senza indugio, ad adottare i provvedimenti necessari al fine di prevenire l'aggravamento della crisi, di correggerne gli effetti ed eliminarne le cause, attraverso un idoneo piano di risanamento e, al comma 2 e 3, precisa che

  • comma 4 "Non costituisce provvedimento adeguato, ai sensi dei commi 1 e 2, la previsione di un ripianamento delle perdite da parte dell'amministrazione o delle amministrazioni pubbliche socie, anche se attuato in concomitanza a un aumento di capitale o ad un trasferimento straordinario di partecipazioni o al rilascio di garanzie o in qualsiasi altra forma giuridica, a meno che tale intervento sia accompagnato da un piano di ristrutturazione aziendale, dal quale risulti comprovata la sussistenza di concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività svolte, approvato ai sensi del comma 2, anche in deroga al comma 5.

Con riferimento alle perdite di esercizio si applica l'art. 21 del TUSP che prevede l'accantonamento, come per le Aziende Speciali, nel bilancio dell'Ente l'accantonamento di un importo, proporzionale alla quota di partecipazione al capitale, delle perdite di esercizio realizzate.

La questione delle perdite di esercizio e del dissesto, con i relativi disavanzi, è comune, pur con modalità e norme diverse. Del resto, la normativa si pone come obiettivo la tutela dell'Ente Locale partecipante o socio o azionista, e la salvaguardia degli equilibri di bilancio dello stesso, poiché ente istituzionale, collettivo, bene comune e di interesse generale prima che economico.

8 Aspetti di governance della azienda speciale e della società di capitale

È interessante notare che il titolo del paragrafo riguarda gli aspetti delle due strutture ma ch,e per quanto le società, le uniche citazioni, alla fine del paragrafo, sono "...cosa che renderebbe in realtà l’iter del tutto analogo a quello previsto oggi per le società di capitale. Va notato che, sempre in termini di governance, la disciplina opera in modo diverso rispetto alle società ed è, per quanto riguarda i documenti fondamentali, molto più farraginosa per le aziende speciali", cioè tutta la premessa al paragrafo è dedicato a denigrare l'Azienda Speciale, sempre rispettando il principio di non essere preconcetti nella redazione del documento.

Prendiamo atto che la parte finale della premessa del paragrafo sottolinea che "Altra differenza importante è che in entrambi i casi esiste un consiglio di amministrazione, ancorché abbia un ruolo potenzialmente diverso in ragione del fatto che nella azienda speciale il direttore è un organo e quindi figura obbligatoria e con deleghe gestionali statuite per legge". Forse il Consiglio di Amministrazione si è reso conto che, nell'Azienda Speciale, non ha alcun ruolo o funzione, praticamente non conta nulla (è per tale motivo che il Il D.L. 78/2010 art. 6 c.2 ha stabilito che la carica degli amministratori è onorifica e, quindi, senza compensi).

Se leggiamo con attenzione l'art. 114, coordinato con l'art. 31, del TUEL, rileviamo che gli organi sono l'assemblea consortile, composta dai rappresentanti dei Comuni cui sono attribuite le funzioni previste per l'Ente Locale dal comma 6 dell'art. 114, il direttore, al quale compete la responsabilità gestionale, il Consiglio di Amministrazione e il Presidente, ai quali, lo stesso art. 114 non attribuisce nessuna funzione.

L'art. 31, indirettamente lascia intendere che al Consiglio di Amministrazione compete la predisposizione dei "documenti fondamentali" poiché al comma 5 stabilisce che "L'assemblea elegge il consiglio di amministrazione e ne approva gli atti fondamentali previsti dallo statuto". i documenti fondamentali, però, sono predisposti dagli uffici, cioè da una parte dell'impresa, con il direttore che è l'unico ad avere una visione e gli elementi operativi magari in collaborazione con i responsabili della redazione del Piano d'Ambito che, in questo modo diventa un reale budget economico, finanziario e patrimoniale che può contribuire a migliorare la tariffa, anche come minor costo per l'utente.

Si potrebbe ipotizzare l'applicazione del Libro V, titolo V, capo V, Sez. VI Bis del Codice civile, ma questa parte non si applica alle Aziende Speciali e, pertanto, il Consiglio d'Amministrazione ed il presidente, sono organi inutili.

Del resto a cosa servono un Consiglio d'Amministrazione ed un Presidente, che non hanno competenze, quando la gestione è affidata al direttore, gli indirizzi e le finalità sono una competenza dell'Assemblea consortile, il Piano degli investimenti e la tariffa, costo all'utente del servizio, sono predisposti dall'Autorità d'Ambito che ne cura anche la fattibilità. Forse solo per contrattare con gli Istituti finanziari per finanziare gli investimenti, ammesso che ne abbiano la competenza, un po' poco per giustificarne la presenza.
Eliminandoli si risolverebbe anche la questione dell'iter, con la funzione attribuita ai Consigli comunali, di approvazione dei dati fondamentali.

Il documento Gaia esprime, in modo critico e come differenza negativa rispetto alle società, il fatto che il bilancio debba essere approvato dal Consiglio di Amministrazione, su proposta del direttore, poi dall'Assemblea consortile e, poi, dai Consigli Comunali, e propone, in modo improprio citando l'art. 90 del DPR 902/1986, l'eliminazione del passaggio nei Consigli Comunali per snellire l'iter di approvazione.

Se al contrario venisse eliminata l'approvazione da parte del CdA, visto che la  Corte dei Conti Lombardia con la pronuncia 283/2017 afferma che “L’Assemblea Consortile è l’organo di raccordo tra gli enti consorziati ed è composta dai rappresentanti degli enti stessi nella persona del Sindaco o di un suo delegato individuato nell'ambito della Giunta o del Consiglio Comunale.", si eliminerebbe, comunque, un passaggio nell'approvazione del bilancio.

Il documento Gaia, inoltre, afferma che "in termini di governance, la disciplina opera in modo diverso rispetto alle società ed è, per quanto riguarda i documenti fondamentali, molto più farraginosa per le aziende speciali". Come non essere d'accordo. Le società sottopongono all'approvazione dei soci, come prevede l'art. 2464, solo il bilancio d'esercizio, gli statuti possono anche prevedere l'approvazione di altri documenti come il budget, ma, come abbiamo già chiarito, si tratta solo di un parere e non di un vincolo per gli amministratori.

A noi piace, al contrario, che l'approvazione dei documenti fondamentali (il piano-programma, comprendente un contratto di servizio che disciplini i rapporti tra ente locale ed azienda speciale; il budget economico almeno triennale; il bilancio di esercizio; il piano degli indicatori di bilancio) siano approvati anche dai Consigli comunali in rappresentanza di tutti i cittadini.

A noi piace anche un bilancio di previsione basato su accertamenti e impegni, com'è il bilancio degli Enti Locali, che al contrario dei budget, non è una semplice traccia ma un vincolo. Le società di diritto privato, con fini solo economici, necessitano di dinamicità e libertà d'azione, gli enti di diritto pubblico necessitano di trasparenza e condivisione senza, però, cadere nei freni della burocrazia e la dinamicità è garantita dall'autonomia imprenditoriale dell'Azienda Speciale.

Ripetiamo quanto già scritto al punto 5.4. Non è uno "sviluppo bloccato", come afferma il documento Gaia, è una evoluzione nell'indirizzo di una maggior democratizzazione e incisività nella gestione della "res pubblica", un passo avanti nella modernizzazione dello Stato e sue emanazioni e della realizzazione dei principi costituzionali spesso ignorati che, agli italiani, interessano più dei profitti realizzati con le mani nelle loro tasche.

8.1 Numero degli amministratori

Abbiamo già espresso, motivandola, la nostra opinione sugli amministratori dell'Azienda Speciale per, cui, in questa fase concordiamo sulla loro limitazione lasciando, ovviamente, ai Consigli comunali la decisione.

8.2 Compensi agli amministratori

Interessante il termine "reclutamento" invece di "nomina" degli amministratori. Ha un senso politicamente opinabile ma, non importa, non è il luogo ed il tempo per questo argomento.

Non ci esprimiamo, qui, né sulle nomine e nemmeno sui compensi per evitare di ripeterci essendoci già espressi in altre parti.

8.4 il direttore

Ci siamo già espressi sul direttore e sul suo ruolo centrale nell'organizzazione e nella gestione dell'attività diventando, di fatto, l'imprenditore anche perché l'autonomia imprenditoriale compete a lui esercitarla.

Peraltro, se la sua nomina fosse estranea alla politica, come, al contrario, avviene per gli amministratori delle società, i risultati della del servizio, essendone i direttori personalmente responsabile, non potranno che essere ottimali.

9 processo di trasformazione

Al solito il documento Gaia è un poco confuso.

Appurato che la trasformazione eterogenea è legittima, lo dice anche la Corte dei Conti, Sezione delle Autonomie, n. 2/SEZAUT/2014/QMIG del 15.01.2014, e che, ai sensi dell’art. 2498 c.c., secondo il quale “Con la trasformazione l’ente trasformato conserva i diritti e gli obblighi e prosegue in tutti i rapporti anche processuali dell’ente che ha effettuato la trasformazione”, come ricorda lo stesso documento, tutto il resto sono parole inutili che fanno solo confusione.
Cosa c'entra richiamare articoli non pertinenti del TUEL, trattandosi di una operazione regolata dal codice civile?
L'art. 2484 e seguenti del codice civile, che riguardano lo scioglimento e liquidazione delle società di capitali non hanno alcuna pertinenza con una trasformazione che è la continuazione di un soggetto giuridico che assume la natura di ente pubblico economico.

L'operazione è semplice e lineare, è inutile creare complicazione, è solo una forma di condizionamento di chi, non essendo tecnico, fa, naturalmente, fatica a comprendere.

Oltretutto non è nemmeno vero che la trasformazione modifica la struttura organizzativa della preesistente società per azioni ma cambia solo il tipo di soggetto giuridico, la strutture, con l'eccezione del Consiglio di Amministrazione e degliorgani di controllo, resta la stessa.

La continuità del rapporto con gli organi sociale, evidente avendo l'Azienda Speciali organi diversi dalla società, è l'ultimo dei problemi nel panorama complessivo dell'operazione, ci sono aspetti e questioni più importanti.

È errata anche l'affermazione che per la trasformazione sia necessaria la perizia, peraltro, anche qui, con citazione di norme non pertinenti. L'Istituto  di Ricerca dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (IRDEC) con il documento n. 3 del settembre 2009, ha precisato che "Invero, se non vi sono dubbi sul fatto che la suddetta relazione vada elaborata nelle ipotesi di trasformazione di consorzi, comunioni di azienda, associazioni riconosciute e fondazioni in società di capitali, qualche perplessità si manifesta qualora, ad esempio, il soggetto originario sia una società consortile per azioni. In simile circostanza, infatti, quest’ultima soggiace al medesimo regime normativo previsto per le società di capitali e, pertanto, già esiste una disciplina che vigila sulla «fondatezza» del patrimonio e gli atti da adottare ed i contratti di finanziamento sulla tutela dei creditori: per tale ragione, è plausibile ritenere che la perizia non debba essere redatta, poiché l’operazione è riconducibile ad un’ipotesi di trasformazione omogenea fra società di capitali", posizione che trova conferma nella posizione del Tribunale di Roma il quale, con sentenza del 21/9/2005 precisa come la perizia si renda indispensabile in tutte quelle fattispecie in cui il capitale non sia supportato da idonee garanzie.

Questa precisazione dell'IRDEC e del Tribunale di Roma confermano, peraltro, che non si tratta di una trasformazione regressiva generalmente riferita alla trasformazione da società di capitale a società di persone dove si modifica la responsabilità dei soci.

10 Segue: il processo di trasformazione – gli atti da adottare ed i contratti di finanziamento

10.1 L’interlocuzione con gli Istituti finanziatori

Ulteriore problema inutilmente ingigantito anche se una interlocuzione con gli Istituti finanziatori è opportuna più che necessaria.

Ai finanziatori interessano le garanzie e la capacità di rimborso e, certamente, l'Azienda Speciale rispetto alla società è più affidabile per il sistema, tanto più perché, da come si rileva dal bilancio 2019 (pag. 117 - vedasi anche capitolo "finanziamento investimenti di questo documento) di G.A.I.A spa il finanziamento serve per rimborsare le rate dei mutui pregressi dei Comuni. 

Dei 105 milioni di finanziamento BEI/CdP, 40 milioni sono stati erogati nell'ultimo trimestre 2018, senza essere stati utilizzati per gli investimenti, mentre 6,614 milioni saranno o sono stati utilizzati per pagare le rate di mutuo competenza 2018 e 2019. Per questi motivi si è detto che una interlocuzione è opportuna.ma lo è anche per capire meglio come sono strutturati questi finanziamento, cioè si contrae un debito per pagare un debito e non per fare investimenti.

Nel documento Gaia è riportato "Banca Europea degli Investimenti (BEI) e Cassa Depositi e Prestiti (CDP), hanno assicurato un finanziamento, nella forma di project finance (finanza strutturata), di 105 milioni di euro necessario a finanziare il programma degli investimenti (400 milioni)". Un finanziamento in project finance (finanza strutturata) è l'affidamento a soggetto terzo della realizzazione di opere pubbliche, assumendo l'onere del costo che viene rimborsato con i proventi della gestione dell'attività svolta per il tramite dell'opera pubblica realizzata. Non è possibile, nel caso di G.A.I.A., sarebbe una forma di sub-concessione improbabile nella gestione di un servizio pubblico e vietata dalla convenzione con AIT che regola la concessione.

10.2 L’assenso preventivo di AIT

Non è necessario alcun assenso perché:

  1. è uno dei rapporti della società che si è trasformata che, per effetto della trasformazione, prosegue con l'Azienda Speciale trasformata ex art. 2498 c.c.;

  2. la convenzione non prevede alcun obbligo o adempimento per il concessionario nei casi di trasformazione e/o operazioni societarie straordinarie;

  3. l'art. 142, c. 3, del d.lgs. 152/2006 attribuisce la competenza di organizzazione del servizio idrico integrato, di scelta della forma di gestione, di determinazione e modulazione delle tariffe all'utenza, di affidamento della gestione e relativo controllo, ai Comuni che la esercitano attraverso l'ente di governo dell'ambito, confermata anche dall'art. 4, c. 1, della L.R. Toscana 69/2011 che individua, nell'Autorità Idrica Toscana, l'ente di governo.

10.3 La comunicazione ad ANAC

Non è dovuta alcuna comunicazione preventiva all'Autorità.

10.4 Gli atti da adottare

note:

  • tempi per l'operazione.
    A parte quelli necessari per il punto 2, non quantificabili in quanto dipendenti dalla volontà politica, 60 giorni che possono salire a 120 per effetto degli adempimenti a cura del notaio. 

  • costi dell'operazione.
    Il costo del notaio. Non servono consulenze esterne poiché, accertata la neutralità fiscale, la continuità contabile, la redazione di un solo bilancio, al termine dell'esercizio in cui è avvenuta la trasformazione, da parte dell'Azienda Speciale trasformata, gli unici atti delicati e tecnicamente significativi sono la convenzione e lo statuto che sono competenza dei segretari comunali.

  • Il Consiglio d'Amministrazione non ha alcun ruolo nella trasformazione eterogenea, salvo quello di convocare le assemblee e il Presidente  di presiederle, trattandosi di una questione puramente istituzionale;

  • Le Assemblee soci. L'operazione di trasformazione prevede una sola assemblea, quella straordinaria avanti il notaio, con la quale i delibera la trasformazione

  • La convenzione e lo statuto sono atti esterni alla società perchè regolano i rapporti tra i Comuni partecipanti e costuiscono l'indirizzo e la regolamentazione dell'attività successivamente alla trasformazione. Non devono essere approvate dalla società ma dai Consigli Comunali ai sensi dell'art. 42 del TUEL. Anche in sede di assemblea straordinaria non saranno approvate dalla società ma adottate con la delibera di trasformazione.
  • [*] notare che il codice civile, 2500 septies, indica maggioranza dei due terzi degli aventi diritto e non del
  • [*] notare che il codice civile, 2500 septies, indica maggioranza dei due terzi degli aventi diritto e non del capitale sociale, per cui il riferimento è il numero dei soci.

  • [**] nel caso di opposizione da parte di creditori, si applica l'ultimo comma dell'art. 2445 c.c. ("Il tribunale, quando ritenga infondato il pericolo di pregiudizio per i creditori oppure la società abbia prestato idonea garanzia, dispone che l'operazione abbia luogo nonostante l'opposizione")

11 La tariffa: la struttura tariffaria e la determinazione dell’utile della società regolata

Il Metodo Tariffario Idrico, predisposto da ARERA, è comune a tutte le gestioni del servizio, siano esse pubbliche, private, società in house o Aziende Speciali, per cui non comprendiamo le ragioni per cui debba essere inserito in un documento per la comparazione tra due strutture di gestione diverse nella natura, privata e pubblica, ma non nella operatività che, appunto, è notevolmente influenzata da tale Metodo.

Non è il luogo di commentare questo Metodo che, a noi, non piace principalmente perché ha obiettivi economici a tutela dei profitti dei gestori nonostante la principale funzione, attribuita dalla legge all'Autorità, sia quella della tutela dell'utente e del sistema dei servizi pubblici in un'ottica sociale e collettiva. Del resto, se 4/5 dell'organo direttivo provengono dai gestori, il risultato non può essere diverso. Siamo favorevoli al trasferimento della regolazione del servizio idrico dall'Autorità al Ministero per l'Ambiente. Questo non è il luogo ed il tempo per affrontare la questione.

Il documento Gaia, che ha voluto inserire l'argomento, ci costringe ad alcune riflessioni che, però, vogliamo collegare alla comparazione oggetto del confronto.

Le tariffe predisposte con il Metodo Tariffario di ARERA non sono vincolo insuperabile come dicono quando un utente si lamenta per bollette troppe elevate. La risposta è sempre: "non è colpa nostra, è il Metodo Tariffario che ce lo impone". Non è vero, come tante altre cose che propinano ai cittadini.

Il meccanismo delle tariffe prevede che l'organo di governo dell'ambito, in questo caso AIT, predisponga un piano tariffario recependo le indicazioni del Metodo Tariffario e lo invii all'Autorità per la sua approvazione, la quale trasmette il documento di approvazione con uno schema uguale per tutti sottolineando che la tariffa approvata rappresenta la tariffa massima con facoltà, sia di AIT che di G.A.I.A, dell'applicazione di tariffe inferiori.
Non abbiamo mai visto ambiti applicare tariffe inferiori a quelle approvate dall'Autorità. Ne abbiamo analizzato molti di piani tariffari e se qualcuno che applica tariffe inferiori ci è sfuggita ci scusiamo.

Forse, però, un'Azienda Speciale che non ha come scopo il profitto, che non ha bisogno di iniziare le relazioni ai bilanci con frasi di rito come "anche il presente esercizio presenta un risultato economico positivo come si rileva dai seguenti indici...", tutti solo economici, ma ha l'obbligo dell'equilibrio di bilancio e come scopo l'efficienza e l'efficacia del servizio, per dare una risposta di qualità ai suoi cittadini, ma anche economica poiché, pur con l'esigenza della copertura dei costi di gestione e di investimento, si pone l'obiettivo di una riduzione delle tariffe. Un'Azienda Speciale restituisce ai Comuni il ruolo che a loro compete in quanto vicini ai bisogni delle persone e, per le stesse, primo contatto istituzionale, può contribuire a predisporre tariffe più eque e vicine alle persone evitando anche situazioni discriminatorie che sovente abbiamo riscontrato riscontrato e, sino al 2017 anche inG.A.I.A...

Le Aziende Speciali non hanno bisogno di tecnicismi ingannevoli come quelli che il documento Gaia illustra. Avremmo qualcosa da dire anche sulla formulazione, come sempre non molto precisa, ma restiamo al merito.

Il documento Gaia ci informa che il "rendimento del capitale investito" è composto da due parti, gli oneri finanziari e gli oneri fiscali, "ottenuti applicando due componenti idealmente distinte del costo medio ponderato del capitale (WACC, weight average cost of capital) al medesimo capitale investito regolatorio". Praticamente ci dice che la "remunerazione del capitale investito", abrogata dal referendum del 2011, è tuttora applicata in quanto corrisponde alla somma degli oneri finanziari e degli oneri fiscali e viene calcolata, appunto, con l'applicazione della formula del WACC.

Lo sappiamo da sempre che il referendum non è stato rispettato, ci siamo rivolti alla Giustizia amministrativa che ha respinto il nostro ricorso. Ci fa piacere che, pur senza volerlo, qualcuno ci dia ragione. Quello del mancato rispetto dell'esito referendario ci irrita perché è un insulto alla sovranità dei cittadini e non manchiamo di ricordarlo, magari anche in modo eccessivo. Però, nel documento Gaia, c'è altro.

È scritto nel documento Gaia che "Nel definire le componenti che vanno a comporre il WACC il rapporto fra capitale di debito e la somma del capitale di debito più l’equity è assunto pari al 50%...". Praticamente, anche se in modo un po' contorto si precisa che il capitale investito è diviso in capitale a debito, 50%, e equity, cioè capitale proprio, 50%. Il meccanismo dell'onere finanziario e fiscale medio (costo medio ponderato del capitale, come definito dal documento Gaia), di fatto non è esatto e crea notevoli benefici impropri per il gestore, specialmente quando il capitale a debito è notevolmente superiore all'equity.

La giustizia amministrativa nelle motivazioni della sentenza con la quale ha respinto il nostro ricorso contro l'inserimento in tariffa degli "oneri finanziari del gestore", in sostituzione dell'abrogata "remunerazione del capitale investito", tra l'altro, ha spiegato che tale abrogazione disincentiva il ricorso al capitale proprio per finanziare gli investimenti, "il costo medio del capitale", come previsto dal Metodo Tariffario, però incentiva il ricorso al capitale a debito, consentendo un utile superiore.

Proviamo a verificare questo rapporto nel bilancio 2019 di G.A.I.A. spa.prospetto 3

L'importo quantificato con il Piano Tariffario (pag. 53 del bilancio e riga "e" della tabella), ammonta a € 5.291.955 essendo stato calcolato con una aliquota media del 6,02% su tutto il debito mentre dividendo l'aliquota, in funzione della natura del debito avremmo una situazione (riga "d" della tabella) una situazione notevolmente diversa e un maggior costo in tariffa di € 2.379.571.

Peraltro, nel capitale a debito abbiamo incluso il debito verso i Comuni per le rate di mutui pregressi non pagati che, in realtà, non dovrebbe essere considerata in quanto trattasi di interessi moratori. Escludendolo, la differenza, maggior costo in tariffa, aumenterebbe a € 2.904.210.

Ma l'utile, prima delle imposte, al contrario di quanto afferma il documento Gaia non è prodotto solo dagli oneri finanziari e fiscali. Infatti, l'utile lordo del bilancio 2019 è di € 2.266.630 e si è ridotto per effetto di oneri, come quelli relativi alle sanzioni per investimenti non effettuati, ed altri. Nella realtà l'utile prodotto grazie alla tariffa è più elevato ed è stato utilizzato per coprire costi estranei al servizio.

Il principio del "full cost recovery", corretto anche se assimilassimo la tariffa ad una "tassa", in realtà è solo la giustificazione per gestioni economiche che sono la negazione degli scopi stessi della gestione di un servizio, in particolare, quello idrico.

Non possiamo sottacere la questione dei "conguali".  Si vorrebbe applicare i principi della concorrenzialità e del mercato alla gestione del servizio ma garantita, con i conguagli, nei risutlati finali. Una vera contraddizione in termini. La concorrenza e il mercato mettono in discussione, con il confronto con altri operatori, i prezzi di vendita, nel mercato i conguagli non esistono.

I conguagli potrebbero avere una logica, per il rispetto del "full cost recovery", nel caso delle Aziende Speciali ma fatti in modo diverso e non per incrementare gli utili ma solo per evitare le perdite di gestione.

Il capitolo si chiude con una affermazione "Di seguito si danno alcune notizie su un gestore del servizio idrico che ha scelto una forma di gestione senza scopo di lucro e che ha indirizzato i suoi dividendi all'utente anziché al proprio azionista". Noi affermiamo il principio che un servizio pubblico non deve fare utili  e, tanto meno, dividendi, non interessa a chi li indirizza, non devono essere fatti.

12 L’esperienza senza scopo di lucro di un gestore del servizio idrico nel Regno Unito: Dwr Cymru Welsh Water (DCWW)

Si tratta, certamente, di un esperienza da approfondire che presenta possibili lati positivi ma anche possibili negatività.

Riteniamo che, come esposto dal documento Gaia, non possa costituire, rispetto all'attuale situazione italiana, un'esperienza di riferimento. C'è molta enfasi nell'esposizione che non possiamo condividere ed accettare senza un reale e documentato approfondimento partendo dal confronto della situazione legislativa dei due Paesi, Regno Unito e Italia.

Non dimentichiamo che il modello di economia tra i due Paesi è molto diverso, anche se qualcuno, in Italia, sembra voler accelerare un processo di finanziarizzazione sul modello anglosassone,

Non si può sottacere che il Regno Unito, con gli Stati Uniti, sono i riferimenti, anche teorici, del neoliberismo di cui, non a caso è attribuita l'origine a Margaret Thatcher, che ha avviato il processo di privatizzazione ben oltre dieci anni fa visto che il suo governo è cessato nel 1990, e a Ronald Reagan. 

Bisognerebbe capire meglio che cosa significa "not profit", tradotto in "senza fini di lucro", anche perché nel sito web di "Welsh Water" c'è una pagina dedicata agli "investitori" (investors) che mal concilia con una società senza fini di lucro come noi, usualmente, intendiamo e che cosa si intende con quanto riportato sullo stesso sito: "Welsh Water is owned by Glas Cymru a single purpose company with no shareholders and is run solely for the benefit of customers" (Welsh Water è di proprietà di Glas Cymru, una società con un unico scopo senza azionisti ed è gestita esclusivamente a vantaggio dei clienti), poiché una proprietà, comunque, esiste e una proprietà, se non pubblica, deve avere qualche ritorno economico. Noi non crediamo ai "mecenati" disinteressati.

Oltretutto la governance della società vede al suo interno personaggi che nel passato hanno gestito multinazionali, come Alastair Lyons, che certamente non  si accontenta dei 24.000 €uro percepiti dal Presidente di G.A.I.A spa.

Peraltro non è stato possibile, sul sito web, trovare bilanci da analizzare ma solo prospetti di sintesi che non sono di molto aiuto, in particolare nella parte patrimoniale, per l'uso dei principi contabili internazionali IFRS che si basano sul Fair Value adottando criteri di valorizzazione non contabili e quindi discrezionali.

Abbiamo rilevato che l'EBITDA (margine operativo lordo) è pari, nel 2019, al 57% molto elevato rispetto, per esempio, al 23,93% di G.A.I.A, che potrebbero avere una ragione se questo ccollegati ad una politica di investimenti che, però, in assenza di bilanci, non siamo in grado di verificare, non ci fidiamo delle analisi di altri specialmente se questi altri si chiamano Moody's o Standard & Poor's e Fitch Ratings, non citate nel documento Gaia ma presenti nel sito web di Weils Water.

Mario Draghi, più vicino alle teorie liberiste che alle nostre, ha recentemente affermato che "bisognerebbe imparare a vivere senza le agenzie di rating o quanto meno imparare a fare meno affidamento sui loro giudizi" (fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Agenzia_di_rating)

Le agenzie di rating sono quelle che hanno fornito analisi positive, ad esempio di Leman Brother e di Parmalat, solo qualche settimana prima del loro crack con un debito pari a circa 613 miliardi di dollari, la prima, e di 14,3 miliardi di euro, la seconda.

Non siamo pregiudizialmente negativi, vogliamo solo capire poiché potrebbe essere interessante e ci ripromettiamo di farlo con uno studio possibilmente anche documentale.

Per il momento ci limitiamo a comparare le società, anche in house, con:

ABC Napoli

finora unica trasformazione eterogenea del gestore del servizio idrico, da S.p.A. ad azienda speciale, realizzata in Italia.

Serve direttamente circa due milioni di persone, 720.000 famiglie, nell'area cittadina di Napoli (32 Comuni) e ulteriori 650.000 persone servite indirettamente (in sub distribuzione) residenti nelle province di Avellino, Benevento, Napoli e Caserta.

Contrariamente a quanto riportato da superficiali notizie di stampa e sostenuto da autorevoli esponenti di Utilitalia, attraverso dichiarazioni viziate dal pregiudizio verso la gestione di diritto pubblico, ABC è un’azienda che dal 2013, anno della sua istituzione, chiude i bilanci in utile; con il vincolo di destinazione previsto dall'art. 43 del dPR 902/1986, e va rimarcato che questi risultati sono stati raggiunti senza scorpori della pregressa situazione debitoria, che ha quindi continuato a gravare su ABC, al contrario di come si usa fare con lo scorporo delle attività in "good company" lasciando i debiti nella "bad company":

  • pratica tariffe tra le più basse d’Italia;

  • garantisce una qualità dell’acqua erogata attraverso un numero di controlli 5 volte superiore a quelli previsti dalla legge;

  • ha una percentuale di dispersione idrica del 32%, inferiore alla media nazionale (40%) e a quella del resto della regione Campania (50%);

  • può vantare una gestione amministrativa che consente una capacità di incasso crediti dell’85%, enormemente superiore a quanto riescono a realizzare, nello stesso contesto geografico, le gestioni di diritto privato e rispetto alla precedente gestione di ARIN spa;

  • ha sviluppato un sistema di welfare aziendale all'avanguardia.

  • garantisce la partecipazione alle vicende aziendali anche con la convocazione di assemblee periodiche dei cittadini;
  • i bilanci sono stati regolarmente assunti e depositati da ABC, una delle critiche  nei confronti dell'Ente, dopo l'approvazione da parte del Comune di Napoli. La mancata approvazione degli ultimi bilanci dipende esclusivamente da deliberazioni del Comune bloccate dalla sistemazione di alcune poste, dubbie o incerte, provenienti dalla precedente gestione;

  • il 18 settembre 2019 il distretto idrico Napoli ha deliberato, all'unanimità, l'adesione dei 31 Comuni, oltre Napoli, attualmente serviti a ABC Napoli

Consorzio dei Comuni per l'Acquedotto del Monferrato

La costituzione del Consorzio dei Comuni per la costruzione dell'Acquedotto del Monferrato è avvenuta con R.D.L 28 Agosto 1930 n° 1345. Lo Stato prevedeva con lo stesso decreto sia ingenti vantaggi alla Concessionaria sia obblighi precisi circa la riconsegna dell'acquedotto al Consorzio individuato nella veste di gestore allo scadere della concessione.

Dal 1° Gennaio 2003 il Consorzio gestisce gli impianti e il servizio idrico-integrato nel territorio dei Comuni Consorziati, 100 Comuni delle province di Asti, Alessandria e Torino per una popolazione totale di 86.777 persone e di 39.414 famiglie su un territorio di kmq 1.160,93 con una densità di 74,75 persone/kmq e, quindi, con una notevole frammentazione e un territorio, morfologicamente, complesso prevalentemente collinare.

Un bilancio positivo con investimenti consistenti, patrimonializzazione consistente, i mezzi propri sono, all'incirca pari a quelli di G.A.I.A. pur con ricavi pari a circa un quinto, indici finanziari ed economici positivi e tariffe inferiori alla media nazionale.

Sono sufficienti questi due esempi, senza bisogno di esempi anglosassoni tutti da capire, per rendersi conto che anche le gestioni da parte di enti pubblici e senza scopi di lucro, secondo i nostri canoni, possono garantire efficienza, efficacia ed economicità, cioè qualità del servizio e della gestione, quello che gli utenti chiedono.

13 Altre forme di gestione

13.1 La società “Benefit”

Un paragrafo paradossale che si spera non venga realmente preso sul serio.

Innanzitutto il solito errore lessicale che è incompatibile con un documento che si propone tecnico. Non si può scrivere "La società benefit (SB) rappresenta una evoluzione del concetto di azienda", l'Azienda, l'abbiamo già spiegato, è l'insieme dei beni e dotazioni che con l'organizzazione da parte dell'imprenditore costituisce l'impresa.

Poiché, come definito dal comma 376 dell’art. 1 della Legge 28.12.2015 n. 208 (legge stabilità 2016), le società Benefit sono quelle che "nell'esercizio di una attività economica, oltre allo scopo di dividerne gli utili, perseguono una o più finalità di beneficio comune e operano in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente, beni ed attività culturali e sociali, enti e associazioni ed altri portatori di interesse", non ci si riferisce alla produzione degli utili ma alla loro divisione e, quindi, sono estranee all'impresa, sarebbe stato più corretto scrivere "La società benefit (SB) rappresenta una evoluzione del concetto di società".

Sono cose che possono succedere quando si fa un copia incolla da un sito web, magari dopo una lettura superficiale e con leggere modifiche [http://www.societabenefit.net/cosa-sono-le-societa-benefit/].

Ma il paradosso non è nel "copia incolla", è nell'ipotizzare una diversa forma di gestione nella "società Benefit", trattandosi, peraltro, solo di una diversa distribuzione degli utili di cui, una parte, da definire, destinata a scopi sociali e ambientali, senza alcun cambiamento della gestione del servizio.

L'attività per il perseguimento delle "finalità di beneficio comune" dovrà essere realizzata con una divisione, cioè un ramo d'azienda, interna all'impresa che gestisce l'attività principale, il core business per usare l'inglesismo di moda, o con altre modalità da definire, alla quale saranno destinate risorse prodotte con la gestione del servizio idrico, cioè con parte degli utili. Quindi è, sostanzialmente, una diversa divisione e distribuzione degli utili.

La ratio dell'utilizzo di questo nuovo modello societario sta nella deducibilità fiscale dei costi relativi poiché, grazie alla modifica statutaria, legittimata dalla norma inserita con la legge di stabilità 2016, è superabile il difetto di inerenza dei costi e della loro antieconomicità. 

Siamo in presenza dell'erogazione di un servizio pubblico, l'idrico, che per sua natura ha già risvolti sociali e ambientali, non è un caso che la normativa specifica di settore sia inclusa nel "Codice dell'ambiente" e, nonostante questo, si registrino ancora dispersioni, nella distribuzione dell'acqua, enormi e superiori alla media europea, un sistema della depurazione, nel Paese, fortemente precario ed in grave ritardo e G.A.I.A. spa è in ritardo negli investimenti rispetto ai Piani d'Ambito ma anche nel pagamento dei mutui pregressi dei Comuni penalizzando gli stessi nell'erogazione di servizi sociali ai propri cittadini.

Ma non finisce qui, in tariffa sono compresi:

  • un contributo per il terremoto dell'Emilia Romagna del 2012 (componente UI1);

  • un contributo per il "Bonus Idrico" da riconoscere alle famiglie bisognose e disagiate (componente UI2);

  • l'addebito agli utenti regolari con i pagamenti delle bollette, della morosità di quelli che non pagano regolarmente che non sono solo gli utenti disagiati e bisognosi ma anche quelli che fanno i furbi e gli enti locali (COamor);

  • il costo degli investimenti per la depurazione;

  • la componente a copertura dei costi ambientali e della risorsa (ERCa), ca. 13 milioni di euro nel 2019.

Forse è meglio eliminare l'utile, non solo la sua distribuzione, per questo motivo preferiamo l'Azienda Speciale. Gli Italiani sono generosi quando, volontariamente, devono aiutare gli altri, lo vediamo dalle numerose raccolte fondi, ma diventa insopportabile quando deve farlo in modo forzoso e occulto.

Peraltro, il comma 384 della legge di stabilità 2016 (l'ultimo riferito alle società Benefit) stabilisce che "La società benefit che non persegua le finalità di beneficio comune è soggetta alle disposizioni di cui al decreto legislativo 2 agosto 2007, n. 145, in materia di pubblicità ingannevole e alle disposizioni del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206".
Quindi le società Benefit sono solo forme di promozione delle società attraverso sponsorizzazioni con parte dell'utile ad attività sociale e a tutela dell'ambiente, encomiabili se fatte da privati che realizzano utili con attività commerciali, assurde se poste a carico di un servizio pubblico che  ha compo il sociale e che, come visto, deve già sopportare oneri per lo stesso titolo e che, inoltre, viene gestito in regime di monopolio naturale e per tale motivo non ha necessità di promuoversi

13.2 L’impresa sociale

Non commentiamo il paragrafo avendo già lo stesso documento Gaia accertato che trattasi di una sciocchezza con l'affermazione, nella conclusione "Abbiamo visto - seppure ad un sommario esame e salvo approfondimenti - che l’impresa sociale non è un modello utilizzabile, sia per ragioni soggettive, sia per i limiti all'attività di tale forma imprenditoriale imposti dalla legge". Chissà perchè è stato inserito!

14 Conclusioni: organismi societari o Aziende Speciali? Vantaggi e svantaggi, alla luce del contesto delineato

  1.  Il capitolo relativo all'evoluzione normativa è
    • incompleto, mancano, ad esempio, riferimenti e richiami alla normativa relativa alla gestione del servizio idrico che è il servizio oggetto dell'attività sia della trasformnda che dell'Azienda Speciale post trasformazione,
    • in parte non inerente: non ha alcuna logica il richiamo della normativa relativa alla trasformazione da Azienda Speciale a Società di capitale quando l'oggetto è per una trasformazione eterogenea che è esattamente il contrario.
    • tendenzioso: con la chiara intenzione, quindi preconcetto in senso negativo, di sminuire la gestione dell'Azienda Speciale anche con continue espressioni, frutto di opinioni personali, circa la rigidità, la carenza, l'arretratezza normativa che non riteniamo necessario richiamare poiché già fatto in diverse parti del documento,
    • contiene errori e inesattezze: non sappiamo se volontari o meno per effetto della tendenziosità.
      Un esempio che riprendiamo presente in più parti del documento ma sottolineato nel punto cui fanno riferimento queste note. Il passaggio che riportiamo è il seguente: "Ne consegue che, sul piano della fattibilità giuridica, ad oggi la trasformazione regressiva da in house ad azienda speciale è in punto di diritto da ritenersi legittima e non vietata dall'ordinamento". Sembrerebbe un commento che legittimi la trasformazione, non potrebbe essere diversamente, ma con una locuzione che appare ambigua.
      Perché usare "trasformazione regressiva" quando regressiva o progressiva è riferita alle trasformazione omogenea, cioè a una trasformazione che muta la veste giuridica nell'ambito delle società? Forse è perché regressiva, nel linguaggio usuale e non tecnico è letta in modo negativo?
      Ripetere più volte, inoltre, che si tratta di una trasformazione da "in house ad Azienda Speciale" è pure ambiguo e poco tecnico, si dovrebbe scrivere "trasformazione da società in house ad Azienda Speciale" poiché, con la locuzione utilizzata, chi non ha una competenza tecnica specifica potrebbe pensare che l'in house è una caratteristica delle società e non delle Aziende Speciali. Tecnicamente si sarebbe dovuto precisare che la gestione in house della società è una deroga, una anomalia come sottolinea la sentenza della Cassazione, Sez. Civile Sent. Sez. U. Num. 26283 Anno 2013, già citata, mentre per l'Azienda Speciale, l'in house è implicito nella sua natura.
  2. L'esempio del Comune di Pistoia è una semplice esercitazione che non dimostra nulla e tanto mento è esemplificativo della scarsa rilevanza dell'Azienda Speciale.
  3. Il fatto che l'Azienda Speciale sia dotata di personalità giuridica non l'assimila all'ente pubblico economico ma la colloca nell'ambito di questa categoria pubblica come abbiamo spiegato nel capitolo relativo.
    Il fatto che la società sia dotata di personalità giuridica di diritto privato, al contrario di quanto affermato nel documento Gaia, determina numerose e significative differenze, di cui di seguito sintetizzeremo le ragioni per cui riteniamo che siano a favore dell'Azienda Speciale.
    Solo un aspetto non presenta differenze, al contrario, anche qui, delle affermazioni del documento Gaia, si tratta dell'operativa della gestione  del servizio. È la solita confusione tecnica dovuta al fatto di non distinguere l'impresa, che non è diversa  per effetto della natura del soggetto ma è la stessa perché è l'organizzazione dell'attività che dipende dalle maestranze e dai beni e non cambia con la trasformazione.
    Se, però, per operatività si intendono gli adempimenti sociali, come si potrebbe credere leggendo la scheda che riportiamo di seguito, si continua a fare confusione più o meno voluta.
  4. unica cosa che si potrebbe intuire è che l'unica preoccupazione per gli estensori sia la preoccupazione per l'approvazione del bilancio ma vogliamo rassicurarli, è tutt'altro che un problema. 
    Non si capisce nemmeno perché un Azienda Speciale ma si adatti ad una pluralità di soci (che non sono tali perché non è una società), se fosse un'opinione bisognerebbe documentarla con precise argomentazioni e non con le modalità di approvazione del bilancio.
  5. viene usata la definizione, già commentata, "consorzio-azienda", che non esiste e stupisce in un documento che si propone tecnico. Letteralmente potrebbe essere inteso come consorzio di beni, essendo l'azienda (art. 2555 c.c.), semmai si potrebbe usare, con qualche approssimazione,  "consorzio-impresa". 
  6. L'unica cosa che ci interessa è la differenza del controllo analogo che, nell'Azienda Speciale è reale essendo nella sua natura e confermato dal comma 6 dell'art. 114 del TUEL (6. L'ente locale ... esercita la vigilanza; verifica i risultati della gestione ...) mentre nelle società è una costruzione che in G.A.I.A. spa è particolarmente precaria.
    Affermare che ".. questo istituto rimasto privo di “manutenzione normativa” dal 1986 fino ad oggi...) , oltre a non essere vero, è l'evidente rifiuto dell'Azienda Speciale quale espressione imprenditoriale per preconcetto più che dati reali;
  7. Se il ritardo normativo è da individuare nel "mancato riequilibrio dei poteri a vantaggio degli amminitratori", come affermato nel document Gaia, bisognerebbe proccuparsi ed accelerare il processo di trasformazione eterogenea che, in questo caso, può essere definitiva progressiva perchè riconsegna il servizio idrico a chi ne ha la vera competenza e non ha soggetti che non rappresentano le finalità socio-economiche, tipiche del pubblico, ma che rivendicano maggiori poteri.
  8. tutte le critiche sono sostanzialmente concentrate sulla presenza dei Consigli Comunali che non hanno funzioni operative nella parte imprenditoriale di cui l'unico che ne ha la responsabilità è il direttore.
    Potrà anche non piacere ma i Consigli Comunali sono stati eletti dai cittadini che sono gli unici e veri proprietari di quei beni che costituiscono l'Azienda.
    Gli amministratori in carica della società sono nominati, non eletti, e nella loro veste non devono inserire in documenti prodotti dalla società, opinioni e indirizzi politici; lo facciano come cittadini nelle sedi opportune.
  9. Anche per quanto riguarda il fallimento, il concordato e la liquidazione coatta amministrativo, un argomento sottolineato in modo strumentale, sarebbe meglio valutare la capacità di gestione del servizio garantendo gli investimenti che, in quanto gestione in monopolio naturale e garantita dal metodo tariffario, è più semplice di quanto si possa pensare.
    Per la prevenzione delle situazione di crisi ha già provveduto il legislatore con delle norme precise ed apprezzabili, nella logica di una gestione pubblica e non privata, del 2013, a proposito di una normativa bloccata al 1986.
Riportiamo un passaggio intero del documento Gaia per sottolineare l'enigmaticità di tutto il documento e il preconcetto che l'ha caratterizzato svuotandolo da ogni valenza tecnica che dovrebbe essere scevra da questi atteggiamenti.
"Oltre alla incertezza normativa e giurisprudenziale evidenziata sopra, resta il fatto che il confronto tra azienda speciale e società in house non conduce a concludere che la prima garantisca una governance più adeguata alle esigenze di attività di rilevanza economica a rete. Per tutto quanto sopra illustrato, il modello dell'Azienda Speciale risulta di non facile utilizzo per la gestione di servizi pubblici a rete".
Come si può concludere, in un documento tecnico, con un'affermazione secondo la quale l'Azienda Speciale non sarebbe utilizzabile? Un documento tecnico, attraverso un'analisi della questione, supportata da elementi e documenti tecnici, dovrebbe informare e lasciare ai destinatari le conclusioni di merito. Ognuno ha le proprie opinioni, rispetto al tema centrale, ossia la gestione privata attraverso soggetti giuridici di diritto privata o la gestione pubblica mediante enti pubblici, le opinioni personali devono essere estranee ad un documento tecnico. 
Noi segnaliamo tutte le contraddizioni, le conclusioni le lasciamo ai Sindaci e ai cittadini.
Riprendiamo la tabella riportata nel documento Gaia aggiungendo le nostre osservazioni in corsivo.

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