La privatizzazione o la ripubblicizzazione dei servizi pubblici è il tema del giorno che, purtroppo, una triste tragedia ha drammaticamente riaperto. Preferisco usare il termine "ripubblicizzazione" invece di nazionalizzazione perchè il fenomeno della privatizzazione riguarda la gestione e non la proprietà che è e resta pubblica.
Dovremmo, per un giudizio obiettivo, liberarci dalle appartenenze politiche che spesso portano ad opinioni preconcette.
Un servizio pubblico è tale perchè reso alla collettività, non per il soggetto che lo gestisce, e dovrebbe, oggettivamente, non avere rilevanza economica anche se organizzato in forma d'impresa.
Un servizio pubblico dovrebbe essere efficiente, efficace ed economico. Dovrebbe essere di qualità tale da garantire la soddisfazione dei bisogni dei singoli cittadini e la tutela dell'ambiente, sotto ogni aspetto, oltre ad essere il meno oneroso possibile.
Il bisogno è la mancanza di qualcosa necessario o opportuno per realizzare il benessere di una persona.
La "piramide di Maslow" (psicologo statunitense del secolo scorso - ndr), individua i "bisogni" e la loro gradualità. Affermava Maslow che per realizzare il benessere devono essere soddisfatti tutti i bisogni iniziando da quelli fisici o fisiologici.
Non possiamo pensare che i privati debbano svolgere una funzione sociale, non compete a loro, compete allo Stato. Sono proprio i servizi pubblici che svolgono questa funzione concorrendo anche alla redistribuzione dei redditi e allo sviluppo sociale della collettività.
Se concordiamo sulla centralità dei servizi pubblici nella soddisfazione dei bisogni essenziali, che non sono solo quelli fisiologici, ma anche la sicurezza, la salute, la cultura e l'ambiente, diventa naturale, almeno sul piano ideale, individuare a chi compete garantirli.
Il privato fa "business", il suo obiettivo principale è economico, fare utile. Guai se non fosse così. Personalmente difendo questo ruolo del privato perchè attraverso la ricerca della realizzazione del suo obiettivo si confronta con la concorrenza, con il mercato ed è complementare allo Stato nella soddisfazione dei bisogni delle persone integrando quelli primari con quelli che realizzano piacere e soddisfazione e dai quali, lo Stato deve stare lontano.
Perchè questo si realizzi è necessario uno Stato efficiente e una politica proiettata verso gli interessi della collettività non solo con le enunciazioni ma con i fatti e gli atti. È incompatibile anche la teoria liberista o neo-liberista essendo compito dello Stato una funzione regolatoria anche delle attività private.
Proviamo ad affrontare l'aspetto più concreto dell'organizzazione della gestione dei servizi pubblici.
Entrambe le organizzazioni, pubblica e privata, hanno la medesima struttura: la proprietà, il mangement (gli amministratori), il personale direttivo e i lavoratori.
Per quanto riguarda i lavoratori non cambia nulla, l'unica preoccupazione è dovuta alla sempre più crescente precarizzazione che ha indebolito la fidelizzazione verso l'azienda e, soprattutto, ridotto la qualificazione professionale. Le critiche ai dipendenti pubblici sono errate e offensive nei confronti di tutti quelli, e sono la maggior parte, che prestano la loro attività in modo serio e responsabile. Qualche mela marcia? esistono anche nel privato, è un problema del singolo ed è nella natura umana, è errato generalizzare. Bisogna intervenire in modo serio e, quasi certamente, si può rimediare.
Per il personale direttivo, vale quanto detto per i lavoratori con qualche distinguo. Nel pubblico spesso, purtroppo, sono il risultato di clientele e, quindi, funzionali e dipendenti al politico o al partito che li ha "protetti". Si può ovviare e la magistratura sembra stia già provvedendo. Nel privato, il personale direttivo, essendo il collegamento tra il management ed i lavoratori, è il punto d'incontro tra due competenze diverse e, anche se non per ragioni di clientela politica, spesso, senza generalizzare, deroga alle sue specifiche funzioni.
La parte operativa, non mostra grosse differenze tra pubblico e privato. Qualcosa non funziona perfettamente, in entrambe, ma è una questione marginale rispetto alla scelta tra la gestione pubblica e privata.
Le differenze sostanziali si riscontrano nelle altre due parti dell'organizzazione, il management e la proprietà, che hanno però una cosa in comune, sono quasi completamente estranee al servizio e proiettate su altre tematiche che, personalmente, considero la negatività di tutto il nostro sistema economico e non solo sociale, la finanza e la finanziarizzazione.
Nel caso del pubblico, il management è nominato secondo logiche e spartizioni partitiche, questo potrebbe anche non essere un problema se almeno venisse individuata la competenza. E' una situazione a me nota per averla vissuta e che mi ha spinto, oltre dieci anni fa, ad andarmene sbattendo la porta.
La funzione del management del privato nella gestione dei servizi pubblici è spiegata dallo stesso comunicato del C.d.A di Atlantia, holding di controllo di Autostrade per l'Italia spa: "Il Consiglio ha altresì avviato la valutazione degli effetti delle continue esternazioni e della diffusione di notizie sulla Società, avendo riguardo al suo status di società quotata, con l’obiettivo di tutelare al meglio il mercato e i risparmiatori". Chi ha tutelato le 43 vittime, tutti gli sfollati del crollo del ponte Morandi e gli utenti dal disservizio creato?
La proprietà, nel pubblico, è dei cittadini anche se, purtroppo, coloro che sono chiamati a rappresentarli, i politici, sono convinti del contrario e ritengono di poterne disporre a proprio piacimento come se ne fossero i proprietari con un solo obiettivo quello di realizzare utili per poter distribuire dividendi da destinare alla gestione della "res pubblica". Altra questione sulla quale sarebbe necessario aprire un capitolo. Su questo punto non c'è differenza tra pubblico e privato. Il pubblico, però, destina i dividendi alla gestione pubblica, magari mal gestita ma pubblica. Il privato, al contrario, se li mette, legittimamente, in tasca a solo beneficio degli azionisti, magari anche non italiani.
Ci dicono, però, che i privati mettono i "soldi" necessari per gli investimenti. Quali? Non ho ancora trovato una società privata, gestore di servizi pubblici, che abbia immesso in società risorse per finanziare investimenti, ho trovato solo società che si sono indebitate per finanziare gli investimenti, magari con la controllante, corrispondendo interessi passivi con tassi, normalmente, superiori a quelli di mercato, che si aggiungono ai profitti con una doppia remunerazione del capitale investito.
Ho trovato, sovente, anche situazioni dove la controllante preleva quasi tutti gli utili che utilizza per, poi, finanziare la stessa società percependo interessi attivi e profitti su capitali di modesta entità.
Non è solo il caso di "Autostrade per l'Italia" dove la controllante, Atlantia spa, dal 2013 ad oggi ha percepito € 8.453.018.345 di dividendi e € 6.499.797.000 di interessi, avendo apportato un capitale di € 622.027.000.
È una situazione che ho riscontrato, magari di dimensioni diverse, in altre società a gestione privata o privatistica, pubblica ma strutturalmente privata.
Se le risorse finanziarie prodotte, dal 2103 al 2017, ammortamenti, € 6.186.838.524, dividendi e riserve distribuite, € 8.453.018.345, per un totale di € 14.639.856.869, con una media annuale di € 1.228.275.457, fossero state nella disponibilità e gestite dal pubblico, in modo semplicemente corretto, avremmo potuto avere dei risultati diversi che il prospetto seguente evidenzia.
Gli investimenti avrebbero potuto essere di oltre 15miliardi e pagati per 12miliardi con un residuo debito di ca. 3miliardi, solo perchè non si è ancora completato il piano di ammortamento del debito ipotizzato in 15 anni con un residuo disponibile, però, di oltre 2,7 miliardi. Il prospetto è una simulazione effettuata con criteri penalizzanti. Gli investimenti sono stati ipotizzati tutti nei primi tre anni, l'ammortamento del debito calcolato in 15 anni, quando in gestioni di questo tipo si dovrebbero ipotizzare almeno in 25 anni, il tasso d'interesse, Eurirs, a 15 anni, costante (negli anni successivi al 2010 si è più che dimezzato) più due punti di spread. Al contrario la gestione privata è quella indicata nella riga inferiore e non è una simulazione, i dati esposti sono stati rilevati dai bilanci e sono molto diversi da quelli precedenti solo per effetto dei circa 8,5 miliardi di dividendi e riserve distribuite. La gestione privata è legittima, salvo diversi accertamenti della Magistratura che a me non competono, è il modello, privato, nei servizi pubblici, che è sbagliato.
Non cerchiamo giustificativi teorizzando il potenziamento dei controlli, anche questi sono dispendiosi e non funzionano. Nessun controllo, inoltre, avrebbe potuto censurare o impedire la legittima distribuzione di dividendi.
In una gestione pubblica sarebbe sufficiente vietare o impedire operazioni di natura finanziaria e limitare le funzioni del management alla gestione dei servizi impedendo la creazione di centri di potere e di clientela o, magari, di finanziamento di attività estranee al servizio. Che senso ha, con una gestione di fatto monopolistica, promuovere la società con sponsorizzazioni di manifestazioni od eventi magari di partito o di movimenti vicini ai partiti? Una bella domanda.
I controlli non servono, sono solo una sovrastruttura, ulteriormente onerosa, resa necessaria da una gestione non conforme ai principi e ai criteri del pubblico.
Le Autorità non servono, sono uno strumento di vessazione del cittadino attraverso la delega alla predisposizione delle tariffe che ha la sola funzione di garantire il profitto ai gestori. È una privatizzazione ridicola. La privatizzazione, secondo sostenitori di questa tesi, serve perchè il mercato e la concorrenza, con la naturale competizione commerciale, garantirebbero la qualità del servizio. Ma dove? Le tariffe, calcolate sulla base di schemi e formule fisse, sono alte perchè devono garantire il gestore e, in modo particolare, il suo profitto. Siamo in presenza di una gestione tutelata contraria alle regole della concorrenza e del mercato. Come dice il prof. Sapelli, siamo in presenza di un nuovo statalismo e di un neo-schiavismo, "altro che libero mercato, siamo l'Unione Sovietica".
In Italia, l'istituzione dell'ANAC (Autorità Nazionale Anti Corruzione), la dice lunga. Serve un organismo Anti Corruzione, in un paese e in un sistema politico normale? No.
La soluzione non è il controllo ma una gestione dei servizi che vada nella direzione della soddisfazione, in modo meno oneroso possibile, dei bisogni essenziali alla vita umana e che sia estranea, proprio per la sua natura, da ogni rilevanza economica e finanziaria.
Pubblico e privato devono coesistere, ognuno nei propri ruoli e funzioni, senza sovrapporsi altrimenti il sistema non funziona più. È una considerazione oggettiva.
È un caso che la privatizzazione si realizza dopo il referendum del 1993 abrogativo del finanziamento pubblico ai partiti e che tutti, senza distinzioni, partiti di destra e partiti di sinistra, la sostengano? Può darsi, tutto è possibile.
La mia non è un'opinione ideologica, ma un'opinione supportata dai fatti e dai numeri. I numeri sono la rappresentazione della realtà.
Dobbiamo eliminare le Autorità e, semmai, rafforzare il ruolo della magistratura. Dobbiamo eliminare la subordinazione dello Stato e della Politica alla finanza magari cancellando la definizione di mercati per quelli che tali non sono, i finanziari appunto, che sono solo lo strumento dei mercati, quelli reali riferiti ai beni e ai servizi non pubblici. Dobbiamo smettere di credere che le "Borse" sono funzionali agli investimenti, sono solo il luogo di scambio di titoli e azioni, le "imprese" ne sono estranee, sono solo strumento. I servizi pubblici non devono essere lo strumento di queste operazioni di speculazione.
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