Le considerazioni sulla illegittimità delle tariffe non sono stata diffuse da un comitato a difesa dei consumatori ma da un comitato per il rispetto delle persone e dei cittadini. Il Comitato Acqua Pubblica e Beni Comuni rifiuta la definizione di “consumatori” che si identifica con una attività commerciale completamente estranea all’utilizzazione di un bene naturale ed essenziale alla vita umana, l’acqua.
La risposta dell’Ufficio d’Ambito (ATO) è incredibile ed inaccettabile. Le istituzioni, Comuni e Provincia, sono al servizio dei cittadini. Cercare di giustificare atti discriminatori con argomentazioni non vere ed ingannevoli è una grave scorrettezza nei confronti di tutti i cittadini.
L’Autorità invia, proprio all’Ufficio d’Ambito, la comunicazione di approvazione della tariffa precisando che la stessa è quella massima e che è nella facoltà dell’Ufficio o del gestore applicarla in misura inferiore.
L’Autorità non approva la modulazione, ossia la suddivisione in scaglioni con aliquote in incremento per singola fascia. La modulazione è stata formulata dall’Ufficio d’Ambito e approvata dalla Conferenza dei Comuni.
Le nostre considerazioni non mettono in discussione la copertura dei costi di gestione e di investimento, anche se noi riteniamo che una parte, quella essenziale per la vita umana, dovrebbe essere coperta dalla fiscalità generale.
Non abbiamo eccepito l’onerosità e non congruità delle tariffe, anche se, considerato che sono tra le più alte della Lombardia e che consentono al gestore profitti elevati (5milioni di euro pari al 10% dei ricavi), qualche perplessità è legittima.
Abbiamo denunciato la non corretta applicazione della fascia di scaglione agevolata, quella per i consumi essenziali alla vita umana, quantificata in 18mc mentre il Metodo Tariffario, predisposto dall’Autorità, lo fissa in 30mc, non dal 1 luglio 2018 ma dal 1 gennaio 2013.
Abbiamo sottolineato l’effetto discriminatorio delle tariffe. La discriminazione è contraria ai Principi Fondamentali, art. 3, della nostra Costituzione e non ha effetto dal 1 gennaio 2018 ma dal 1 gennaio 1948.
L’Autorità ha introdotto la differenziazione per fasce pro-capite dal prossimo luglio, probabilmente per ovviare alla impostazione notoriamente non corretta adottata, visto che solo pochi Ambiti Territoriali applicavano gli scaglioni pro capite e non per nucleo.
Il cittadino non deve subire discriminazione, non dal prossimo 1 luglio ma da sempre.
Non è un caso che il DPCM 20 luglio 2012, pur non essendo necessario, rafforzi il principio che le tariffe del servizio idrico devono essere eque, certe, trasparenti e non discriminatorie.
Le discriminazioni, nel caso specifico, si rimuovono in un solo modo, rimborsando quanto è stato pagato in più.
Comprendiamo la necessità, da parte dell’Ufficio d’Ambito, di evitare il confronto sui numeri, snobbandoli con la dizione “tecnicismi”. È meglio evitare un confronto che potrebbe creare imbarazzi. Noi usiamo questi “tecnicismi” per essere chiari e per non ingannare che ci legge.
Del resto sono i numeri che ci permettono di rilevare che il costo per mc cambia in funzione del numero dei componenti il nucleo familiare.
Non compete a noi ricercare le responsabilità. Chi ha sbagliato paghi, non sono i cittadini che devono pagare, nemmeno indirettamente usando le risorse delle società che sono Beni Comuni di proprietà della collettività.
Come è possibile, pur essendosi resi conto della condizione discriminatoria delle tariffe nel 2010, non essere riusciti a risolverla nel 2017? Quali sono le difficoltà tecniche richiamate dall’ATO? Sarebbe stato sufficiente richiedere all’anagrafe dei Comuni l’elenco delle famiglie con indicazione del numero dei componenti. È mancata la volontà di stare dalla parte del cittadino e, questo, per un’Istituzione è grave.
Ci attiveremo in ogni modo per garantire il rimborso ai cittadini.
Chiediamo che si smetta di irridere i cittadini con informazioni tendenziose e fuorvianti. Il “bonus idrico” è estraneo alla questione da noi sollevata ed è aggiuntivo, per chi è nelle condizioni di averne diritto, al rimborso per la discriminazione.
Il Consiglio di Amministrazione ed il direttore dell’Ufficio d’Ambito che hanno sbagliato a predisporre le tariffe, inducendo in errore anche i Comuni, e che difendono, con arroganza, la propria posizione noncuranti dei danni provocati, dovrebbero dimettersi. Ci attiveremo per una raccolta di firme perché questo avvenga.
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