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Lario Reti Holding ricorre al Tar contro l'Anac per la ''vicenda Cavallier''. Ma la società non c'entra nulla

Non c'è pace per il servizio idrico della Provincia di Lecco e per la società pubblica incaricata della sua gestione, Lario Reti Holding Spa (LRH). A due mesi dalla pubblicazione della delibera con la quale l'Autorità nazionale anticorruzione (Anac), applicando la legge, ha accertato e dichiarato "nullo" l'incarico dell'amministratore unico (poi presidente del Cda) di LRH, Lelio Cavallier, la società partecipata da tutti i Comuni del territorio lecchese ha deciso di ricorrere al Tribunale amministrativo del Lazio proprio contro l'Anac. L'atto è stato notificato il 17 febbraio 2017.
Non l'ha fatto Lelio Cavallier, cioè l'interessato, riconosciuto "inconferibile" dall'Autorità e che si è ben guardato dal sottoscrivere la procura speciale agli avvocati. E non l'hanno fatto nemmeno quei Comuni che nel maggio 2015 gli avevano conferito (non tutti, per fortuna) un incarico poi rivelatosi "nullo" -stando alla cristallina delibera dell'Anac-. No. A prender le difese della carica di una persona sola -e a coprire le responsabilità politiche di chi ha "sgovernato" l'acqua in questi anni-, è stata la società di tutti i cittadini (che si farà carico, quindi, anche di svariate migliaia di euro di spese legali). È una scelta grave e impropria, dato che Lario Reti Holding nulla dovrebbe c'entrare nella specifica questione "Cavallier". Come nulla dovrebbe c'entrare il consigliere comunale di Annone Brianza, Marco Longoni, che invece LRH ha pensato bene di "citare" dinanzi al Tar, insieme all'ANAC, probabilmente perché l'ha ritenuto responsabile di aver "scoperchiato" il pentolone, segnalando -come bene ha fatto- all'Autorità anticorruzione un incarico problematico. 
Si tratta di un messaggio infelice e contraddittorio, per chi ha cuore il rispetto delle regole. Infelice perché può sembrare essere dettato da una volontà "dissuasiva" nei confronti di chi, senza avere alcun secondo fine oltre al senso di legalità, si assume la responsabilità civica di segnalare alle autorità preposte potenziali violazioni di norme anticorruzione. Siamo quasi al "rovesciamento" delle parti. Ecco perché sosteniamo l'operato di Longoni, anche in ragione di una nostra analoga segnalazione all'ANAC sullo stesso fatto.
Contraddittorio, invece, perché LRH, proponendo il ricorso, smentisce se stessa. Segnaliamo infatti che il giorno precedente a quello in cui la società ha notificato il ricorso al Tar (17 febbraio 2017), il Responsabile della prevenzione della corruzione (RPC) di LRH -Vincenzo Lombardo- avrebbe "accertato che non esiste l'asserita situazione di inconferibilità dell'incarico". Perché allora ricorrere al Tar, investendo qualche migliaio di euro di soldi pubblici e impugnando qualcosa che -secondo lo stesso RPC di Lario Reti- non "esisterebbe" neppure?
Ancora una volta il ceto politico artefice dei disastri "idrici" di questi anni in palese contrasto con l'esito referendario del 2011 -dal travagliato affidamento ai pasticci societari, fino ai recenti incarichi nulli- difende se stesso, reagisce scomposto di fronte alla legge, utilizzando una società pubblica (Lario Reti Holding) come fosse uno strumento a sua disposizione.
È una situazione inaccettabile. Ci appelliamo ai Comuni della Provincia, soci e proprietari della società che gestisce l'acqua di tutti i cittadini. Gli strateghi di questi anni, pretendendo deleghe in bianco e dispensando rassicurazioni, hanno infilato solo fallimenti. Fateli scendere dalla giostra, siate protagonisti di una gestione consapevole e trasparente del servizio idrico. È giunto il momento di rispettare l'esito del referendum del 2011 e la volontà di milioni di cittadini.
Comitato lecchese Acqua Pubblica

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