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le società benefit

nei servizi pubblici

Remo Valsecchi - cittadino Olginate (LC) 15 settembre 2021
La Legge di stabilità 2016 ha introdotto la società benefit, un'innovazione di sicuro interesse sulla quale, però, si rende necessaria qualche riflessione anche per evitare un utilizzo distorto che potrebbe snaturare la ratio della norma pregiudicando le finalità del "beneficio comune".
Capita di leggere che sta cambiando il modo di fare impresa, che si è raggiunta la consapevolezza della negatività della subordinazione degli impatti ambientali e sociali al profitto. Si tratta di una enfatizzazione irreale ed inutile poiché il profitto resta sempre lo scopo principale di una società privata che opera in regime di mercato e concorrenza e non può essere diversamente. Sarebbe contro natura!
Si vorrebbe far credere che la società benefit è un soggetto giuridico intermedio tra le società profit e gli enti “no profit”. La società benefit è e resta una società "profit". 
Le "società benefit", come denominate dalla legge, sono quelle che "oltre allo scopo di dividerne gli utili, perseguono una o più finalità di beneficio comune e operano in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente, beni ed attività ambientali, culturali e sociali, enti e associazioni ed altri portatori di interesse".
Non si tratta di un nuovo soggetto giuridico e nemmeno di una trasformazione che, secondo il Codice civile, è una cosa diversa. Le società sono e restano quelle di cui al libro V, titoli V e VI, del Codice civile, cioè le società di persone, le società di capitale, le cooperative, escluse quelle sociali, e, con qualche riserva, le società consortili.
La società è un contratto per l'esercizio in comune di un'attività economica per produrre utili con lo scopo di dividerli tra i soci come stabilisce l'art. 2247 del Codice civile che non viene modificato o limitato.
La ratio della norma introdotta è quella di portare risorse private a sostegno delle iniziative di beneficio comune senza modificare il principio dell'esercizio dell'attività economica realizzando, in questo modo, quanto previsto dall'art. 118, c. 3, della Costituzione: "Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma  iniziativa  dei  cittadini,  singoli  e associati, per lo svolgimento  di  attività  di  interesse  generale,  sulla  base del principio di sussidiarietà".
La Società Benefit (SB) è certamente un’evoluzione del concetto di impresa assumendo maggiori attenzioni e responsabilità nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente, beni ed attività ambientali, culturali e sociali, enti e associazioni ed altri portatori di interesse, cioè di lavoratori, clienti, fornitori, finanziatori, creditori, pubblica amministrazione e società civile.
Tutto questo, nel rispetto della norma, consentirà di distinguersi sul mercato attraverso una forma giuridica virtuosa e innovativa, ossia di acquisire benefici in termini reputazionali con potenziale incremento dei ricavi per le società, vantaggi alla collettività e minori costi per lo Stato.
La novità quindi è quella di consentire alla società di promuoversi con nuovi strumenti e modalità accattivanti per i potenziali clienti con un incremento dei ricavi ed un conseguente rafforzamento economico, patrimoniale e strutturale anche a vantaggio dei soci realizzando, in questo modo, il bilanciamento con l'interesse dei soci previsto dalla stessa norma che, prevedendo, in caso di inottemperanza alle prescrizione normative, l'applicazione  delle "disposizioni di cui al decreto legislativo 2 agosto 2007, n. 145, in materia di pubblicità ingannevole e alle disposizioni del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206". Se l'inosservanza è considerata pubblicità ingannevole, la natura dell'innovazione è promozionale.
L'innovazione è, comunque, positiva poiché consente alle parti di perseguire i propri obiettivi, per lo Stato quello di favorire  attività  di  interesse  generale con il trasferimento di costi ai privati e per le società quello di promuoversi con iniziative di beneficio comune di carattere sociale, ambientale e culturale quale strumento di risposta a bisogni nuovi o latenti della collettività.
Le società benefit, allo stato attuale, non prevedono agevolazioni fiscali o di alcun tipo anche perchè non necessarie in quanto le iniziative di beneficio comune sono dei costi e non realizzano ricavi. Il "do ut des", necessario nei rapporti con società commerciali private si realizza con la promozione e, pertanto, la società non può definirsi "non profit", nemmeno parzialmente, perchè l'obiettivo è lo sviluppo economico attraverso l'aumento dei ricavi.
Per quanto riguarda gli aspetti fiscali esiste qualche incertezza circa la deducibilità dei costi nella determinazione del reddito imponibile della società per l'assenza di una specifica disposizione nella normativa fiscale in relazione all'inerenza dei costi relativi all'attività benefit. Secondo l'art. 109, c.5, del TUIR (Testo Unico Imposte sui redditi) l'inerenza è implicita nel concetto di reddito, essendo la deducibilità condizionata all'inerenza dei costi sostenuti nell’ambito dell’attività svolta dall’impresa e pertanto funzionali alla formazione del reddito. Come, però, precisa lo studio dell'ODCEC di Milano [1], "nella prassi l’amministrazione finanziaria ha chiarito, in diverse occasioni [2], che l’inerenza di un costo è legata alla riferibilità dello stesso all’attività dell’impresa, ovvero si intende necessaria una correlazione tra costo sostenuto e reddito imponibile, il cui ambito di operatività va valutato necessariamente in relazione a tutte le attività indicate nell’oggetto sociale e in vista delle quali la società è stata costituita e al cui esercizio i soci sono tenuti a concorrere. Sono numerose le risoluzioni, le circolari ministeriali e le sentenze che confermano questo collegamento".
Lo stesso documento dell'ODCEC di Milano, nelle considerazioni finali sull'argomento della deducibilità fiscale, precisa che non può essere condivisibile la eventuale contestazione da parte dell’Amministrazione finanziaria di mancata inerenza dei costi sostenuti per l’attività di beneficio comune.
Nemmeno sarebbe condivisibile, sempre secondo il documento ODCEC Milano, "la tesi secondo cui alle finalità di beneficio comune concorrano i contribuenti per effetto del minore reddito di impresa dichiarato dalle società benefit, e con conseguente lesione degli artt. 3 e 53 Cost. e conseguente minor gettito fiscale" poiché il costo delle iniziative, per la parte residuale rispetto alle imposte risparmiate (circa i 3/4), resterebbe a carico della società e non dovrebbe nemmeno gravare, quale maggior costo, sui clienti, in quanto potrebbe sostituire o integrare altre forme di sponsorizzazione o pubblicità.
Peraltro, la sponsorizzazione della società, e non di suoi prodotti, rientrerebbe, secondo la normativa fiscale vigente, nelle spese di rappresentanza con una deducibilità del costo limitata mentre, secondo quanto specificato in precedenza, per la società benefit la deducibilità sarebbe totale.
Indipendentemente dalla deducibilità fiscale dei costi, auspicando che l'Amministrazione finanziaria o le istituzioni politiche possano, in tempi brevi, sciogliere ogni dubbio, bisogna prendere atto che le società benefit assumono un importante ruolo sociale contribuendo alla realizzazione di benefici comuni, comunque nell'indirizzo dell'interesse generale in una nuova interpretazione del principio di sussidiarietà tra pubblico e privato.
Il fatto che la società benefit sia o  meno, in parte, una no profit è irrilevante, anzi il contrario potrebbe creare confusione nei rispettivi ruoli del pubblico e del privato.
Non interessano le dissertazioni astratte, teoriche e inutili; nel concreto l'istituzione delle società benefit è un'innovazione importante e di progresso che contribuirà certamente a migliorare un sistema sociale, ambientale e culturale, che negli ultimi decenni ha mostrato tutti i suoi limiti, creando gravi diseguaglianze e violando costantemente i diritti costituzionali di quei portatori di interesse che si vorrebbero beneficiare.
L'attribuzione della qualifica di società benefit nella denominazione sociale, non convince completamente, si provi a pensare, ad esempio, ad un impresa produttrice di armi che potrebbe beneficiarne, sarebbe opportuno prevedere delle esclusioni anche in funzione della tipologia di prodotto.
Bisogna dare piena attuazione all'art. 41 della Costituzione che, oltre a fissare il principio della libertà dell'iniziativa privata, assolutamente indiscutibile ed inderogabile, prevede che la stessa "Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana."
Purtroppo l'attuale egemonia della finanza, grazie anche alla debolezza e subordinazione della politica, ha trasformato le imprese in loro strumento invece di esserne uno strumento e, questo, ha portato alla degenerazione del sistema sociale, creando disoccupazione e povertà a favore dell'aumento e concentrazione della ricchezza dei pochi, danneggiando l'ambiente, svilendo la cultura e trasformando la tutela della salute in occasione di business e profitto.
La finanza ha distrutto le imprese e quella cultura industriale che è stata la forza ed il motore di sviluppo del nostro Paese nel dopoguerra. La finanza ha distrutto quelle imprese che, senza fregiarsi della qualifica di società benefit, già attuavano le finalità di beneficio comune nei loro territori, nelle loro aziende, per i lavoratori e per la loro comunità. Non chiamavano stakeholders i portatori di interesse al beneficio comune perchè sapevano quali erano i bisogni da soddisfare essendo parte e vivendo nella propria comunità a stretto contatto con le persone e con i loro problemi.
Serve un ritorno, anche culturale, ad un'economia che riporti al centro  le persone e la loro dignità, serve un ritorno a quando, parlando delle imprese, si diceva che l'Italia era penalizzata da una frammentazione di piccole imprese, perchè quella frammentazione ha fatto crescere il Paese.
José Mujica [3], sulla globalizzazione sostiene che «... non è possibile eliminarla. Sarebbe come essere contrari al fatto che agli uomini cresce la barba. Ma quella che abbiamo conosciuto finora è soltanto la globalizzazione dei mercati. Che ha come conseguenza la concentrazione di ricchezze sempre maggiori in pochissime mani. E questo è molto pericoloso. Genera una crisi di rappresentatività nelle nostre democrazie perché aumenta il numero degli esclusi. Se vivessimo in maniera saggia, i sette miliardi di persone nel mondo potrebbero avere tutto ciò di cui hanno bisogno. Il problema è che continuiamo a pensare come individui, o al massimo come Stati, e non come specie umana.»
La globalizzazione dei mercati è un'esigenza della finanza e delle multinazionali che sono espressione della finanza e non dell'impresa. Se abbiamo bisogno di una legge per incentivare le finalità di beneficio comune, attraverso una modalità di promozione con qualifica "benefit" nella denominazione, vuol dire che si è persa la cultura del vivere in una collettività e nel rispetto reciproco sopraffatti dall'egoismo individuale.

Caratteristiche e requisiti delle Società benefit

Per essere una società benefit sono previste caratteristiche e requisiti vincolanti che garantiscono il reale perseguimento delle finalità "benefit" e il cui mancato rispetto può comportare provvedimenti sanzionatori da parte dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM)  per violazione del d.lgs. 145/2007, in conseguenza dell'indebito uso del relativo marchio reputazionale da cui consegue una pubblicità ingannevole, e violazione dell'art. 21 del d.lgs 206/2005, in particolare alla lett. c), per pratica commerciale ingannevole con riferimento alla categoria, alle qualifiche e ai diritti dell'operatore senza escludere l'ipotesi della concorrenza sleale.
  1. Nell'oggetto sociale deve essere inserita l'indicazione delle finalità specifiche di beneficio comune che si intende perseguire. Tale condizione consente di inserire, accanto alla denominazione sociale, le parole: «Società benefit» o l'abbreviazione: «SB» con utilizzo nei titoli emessi, nella documentazione e nelle comunicazioni verso terzi.  Non corrisponde a realtà l'affermazione che l'inserimento nell'oggetto sociale vincoli nel tempo la finalità, rendendola più stabile e insensibile a eventuali mutamenti degli assetti proprietari, poiché essendo l'inserimento un atto volontario dei soci/azionisti adottato con le maggioranze previste dallo statuto o dalla legge, nello stesso modo può essere escluso.
  2.  L'amministrazione deve bilanciare l'interesse dei soci, il perseguimento delle finalità di beneficio comune e gli interessi delle categorie destinatarie del beneficio comune, conformemente a quanto previsto dallo statuto.
  3. Devono essere individuati il soggetto o i soggetti responsabili a cui affidare funzioni e compiti volti al perseguimento delle suddette finalità.
  4. E' previsto l'obbligo di redazione della relazione annuale da allegare al bilancio annuale societario e pubblicata sul sito internet della società con l'indicazione:
    1. della descrizione degli obiettivi specifici, delle modalità e delle azioni attuati dagli amministratori per il perseguimento delle finalità di beneficio comune e delle eventuali circostanze che lo hanno impedito o rallentato;
    2. la valutazione dell'impatto generato;
    3. una sezione dedicata alla descrizione dei nuovi obiettivi che la società intende perseguire nell'esercizio successivo

Le società benefit nella gestione dei servizi pubblici

Le finalità di beneficio comune per le istituzioni pubbliche e per la pubblica amministrazione sono lo scopo delle proprie attività. La Costituzione attribuisce alla Repubblica la funzione di garanzia dello sviluppo sostenibile attraverso leggi, controlli e gestioni adeguate.
Le società a capitale totalmente pubblico e quelle a maggioranza pubblica, dove ai soci, gli enti pubblici, è attribuita, ai sensi degli artt. 2497 e segg. del Codice civile, la direzione e coordinamento, hanno nella propria natura, essendo una funzione dei soci, di cui la società è uno strumento, le finalità di beneficio comune, non dovrebbero poter rientrare nella norma novellata, sarebbe assurdo ed incomprensibile. 
Non si comprendono le ragioni dell'inserimento nell'oggetto sociale di finalità di beneficio comune laddove l'oggetto, la gestione di servizi pubblici di interesse generale, e, essendo una gestione in house providing [4], soggetta a controllo analogo. L'interesse generale ed il beneficio comune sono già una loro specifica finalità, non serve aggiungerne altre, devono semplicemente essere realizzate e garantite attraverso il rispetto dello statuto e delle convenzioni.
Per le società che gestiscono il servizio idrico integrato e i rifiuti, regolati dalla stessa norma, il Decreto ambiente [5], è ancora più evidente l'inapplicabilità della normativa delle "società benefit".
  1. Sia per il servizio idrico integrato (art. 147) che per la gestione rifiuti (art. 238), come previsto dal Decreto ambiente, le Regioni avrebbero dovuto individuare gli "Ambiti Territoriali Ottimali" e, questo, origina una gestione in regime di monopolio naturale e non fiscale che non richiede la necessità di una promozione mancando il presupposto della concorrenza.
  2. per quanto riguarda la determinazione delle tariffe:
    1. nel servizio idrico la tariffa (art. 154 del Decreto ambiente) si basa sul principio del "full cost recovery", ossia di un corrispettivo destinato alla copertura dei costi di gestione e degli investimenti con esclusione di qualsiasi costo che non sia direttamente relativo al servizio;
    2. nella gestione dei rifiuti la tariffa (art. 238 del Decreto ambiente) si basa, anch'essa, sul principio del "full cost recovery" con la possibilità in inserire costi accessori relativi alla gestione dei rifiuti urbani quali, ad esempio, le spese di spazzamento delle strade.
Essendo i costi di "beneficio comune" inerenti il servizio, con riferimento sia agli aspetti sociali che a quelli ambientali, già compresi nella tariffa, l'aggiunta di altre finalità di beneficio comune dovrebbe realizzarsi con ulteriori costi determinando un aumento della tariffa in violazione della legge ma anche degli aspetti socio-economici connessi alla gestione di servizi pubblici locali di interesse generale.
Quanto sopra vale anche nel caso di società a capitale misto, pubblico e privato, e a società private, delle quali, comunque, la quota di presenza è marginale, le riflessioni sono le stesse, anche se il servizio è affidato mediante gara, poiché la situazione di regime monopolistico resta tale e la modalità di formazione delle tariffe è la stessa anche per la gestione dei rifiuti, in particolare dal 2018, cioè da quando la regolazione del servizio è stata anch'essa assegnata ad ARERA [8].
Per gli altri servizi pubblici la situazione è diversa, in quanto regolata da leggi speciali per ogni singolo servizio anche se l'attività esercitata rientra nell'erogazione di servizi di interesse generale fatta salva l'attività commerciale di vendita dell'energia elettrica e del gas naturale che è separata dalla distribuzione, ossia dalle reti. Gli affidamenti di gestione servizi, se non è possibile l'affidamento in house providing, sono regolati da specifiche concessione che ne regolano l'oggetto, le finalità e le modalità, oltre ai rapporti economici, della gestione.
Per garantire i benefici comuni nell'erogazione dei servizi pubblici non serve un ulteriore inserimento nell'oggetto sociale, è sufficiente il controllo del rispetto di quanto stabilito nella convenzione o contratto di servizio.
Si rende necessario, a questo punto, ridefinire e chiarire che cosa deve essere attribuito alla funzione pubblica e che cosa rientra nelle gestioni private e il diverso scopo che le contraddistingue. E' un passaggio essenziale e non procrastinabile perchè la confusione e la sovrapposizione dei ruoli è la principale causa della situazione attuale che ci riporta ad un passato lontano quando poche persone detenevano la maggior parte delle ricchezze ed il potere di decidere il destino del resto delle persone.
Se la soddisfazione dei bisogni primari, essenziali alla vita umana, e la garanzia dei diritti, quelli indicati dalla Costituzione, compete alla Repubblica, cioè allo Stato e le sue emanazioni, la funzione non può che essere pubblica e lo scopo non può che essere quello sociale e quello della compatibilità con uno sviluppo sostenibile.
Alla gestione e iniziativa privata compete la produzione di quei beni che, complementari e integrativi di quelli di competenza della funzione pubblica, migliorano la qualità della vita, senza cadere in un consumismo esasperato per evitare di lavorare sempre di più per poter consumare sempre di più e non creare ulteriori problemi ad una condizione ambientale già precaria.
Nella funzione pubblica deve rientrare anche la regolazione dell'iniziativa privata per evitare che diventi strumento contrario alla sostenibilità in ogni suo aspetto e che sia strumento di produzione della ricchezza e quindi di tasse utili per la sua ridistribuzione limitandone la concentrazione nelle mani di pochi.
Perché questo funzioni però è necessaria una politica non subordinata alla finanza.
Per questi motivi non deve essere consentito la qualifica di società benefit, sarebbe la marginalizzazione dello scopo di beneficio comune e la centralità dello scopo di profitto nelle società dove i soci sono lo Stato, le Regioni o i Comuni. Per le stesse ragioni la maggioranza degli italiani, con il referendum del 2011, si è espressa per una gestione formalmente e sostanzialmente pubblica cioè diretta da parte dei propri delegati eletti. L'Azienda Speciale Consortile, nella gestione dei servizi pubblici locali, è l'ente strumentale degli Enti Locali idoneo per la gestione di tutti i servizi pubblici.

Approfondimenti

Alla data attuale nessuna società ha ampliato l'oggetto sociale con l'inserimento del perseguimento delle finalità di beneficio e, pertanto, non esistono società che possono essere considerate "società benefit" come previsto dai commi 376~384 dell'art. 1 della Legge di Stabilità 2016.
Uno studio della società REF Ricerche di Milano, Acqua 187, del luglio 2021 richiama le ipotesi di società benefit sviluppate da tre società che di seguito vengono richiamate anche per evidenziarne le incongruenze e contraddizioni. Di queste ipotesi viene presa in considerazione solo quella di GAIA spa che, pur non essendo ancora portata alla necessaria delibera dei soci, ha prodotto alcuni documenti mentre per TEA S.p.A. siamo solo ad una generica annunciazione da parte della governance e per l'altra Neutalia s.r.l., neo costituita per la gestione di un inceneritore, con tutto quello che questa attività rappresenta in tema di tutela dell'ambiente, è tutto in divenire. 

l'ipotesi GAIA S.p.A.

Nel corso del 2020 GAIA S.p.A., società a totale capitale pubblico e gestore del servizio idrico nelle province di Massa Carrara, Lucca, escluso il Comune di Lucca, e alcuni Comuni della provincia di Pistoia, ha predisposto uno studio, a dal titolo "Azienda speciale vs Società di capitali nella gestione dei servizi pubblici locali" nel quale viene ipotizzata, senza un particolare approfondimento, la società benefit quale alternativa all'Azienda Speciale Consortile. Una strana ipotesi e alternativa considerato che l'Azienda Speciale, richiesta da diversi Comuni soci e da larga parte dell'opinione pubblica locale, ha come obiettivo la totale ri-pubblicizzazione del servizio idrico, sia sul piano formale che quello sostanziale, attraverso la gestione con un ente strumentale dei Comuni dei soci, un ente di diritto pubblico con l'obbligo dell'equilibrio di bilancio ossia l'equivalenza tra i costi di gestione e di investimenti del servizio ed i ricavi realizzati con le tariffe applicate.
REF Ricerche che riprende lo studio di fattibilità di GAIA S.p.A. dell'ottobre 2020, individua tre strade per realizzare le finalità di beneficio comune a favore degli utenti che sarebbero le seguenti:
  1. sostenere le utenze più deboli, che già utilizzano il bonus sociale, mediante l’abbattimento o la riduzione della bolletta, adoperando un fondo accantonato in bilancio;
  2. prevedere che una parte del valore annuo prodotto dalla società sia indirizzato alla riduzione della tariffa in generale o ad agevolazioni/rimborsi agli utenti – come farebbe una società senza scopo di lucro;
  3. finanziare gli investimenti con una parte del valore prodotto dalla società senza dover aumentare il valore del capitale investito, in questo modo l’investimento attuato non produrrà un incremento della tariffa.
Quando si richiamano, enfatizzandoli, studi di fattibilità predisposti da una società si dovrebbe anche fare un'approfondimento della società, attraverso i suoi bilanci, e del piano tariffario predisposto dall'Ente di governo dell'Ambito al quale la società deve attenersi, in caso contrario si rischio di avallare delle semplici enunciazioni di principio in evidente contraddizione con i risultati della gestione dai quali si rileva violazione ai principi della gestione di un servizio pubblico locale di interesse generale che sono l'essenza del perseguimento delle finalità di beneficio comune.
Le tre strade indicate si possono realizzare senza la "società gestione" ma con la modifica di altri strumenti, come il Metodo tariffario predisposto da ARERA, e con un miglioramento della gestione che, nel caso di GAIA S.p.A., dall'analisi dei bilanci, presenta molte criticità.
In una società che, pur applicando tariffe tra le più alte d'Italia,
  1. dall'inizio dell'attività, 01.01.2005, ha incrementato il Patrimonio Netto di € 3.938.251 (media annua 246.140);
  2. sino al 2019 [6] ha realizzato investimenti pari al 52% di quelli previsti dal Piano investimenti predisposto dall'Ente di governo;
  3. registra perdite o dispersioni di acqua tra le più alte d'Italia con il 57.6% nel 2019 [7];
  4. ha grossi e gravi problemi nel sistema di depurazione confermati da numerose segnalazioni di divieto di balneazione in una zona a forte vocazione turistica balneare;
  5. non ha rimborsato, ai Comuni, le rate dei mutui pregressi all'affidamento, che l'art. 153 del Decreto ambiente pone a carico del gestore, per € 37.372.767 al 31.12.2019 precisando, nella Nota Integrativa, "Nel corso del 2020 la Società stima di poter versare, a condizione che nel corso del medesimo anno la società possa effettuare il tiraggio almeno di una parte del finanziamento BEI/CdP, a favore dei comuni soci e non soci..." e costringendo i Comuni ad imporre o incrementare le imposte o a ridurre servizi sociale penalizzando la loro funzione di beneficio comune.
ipotizzare l'introduzione della società benefit è, nella migliore delle ipotesi, criticabile.
Peraltro il fondo di accantonamento in bilancio previsto dalla prima delle tre strade è, almeno sino al bilancio 2020, costituito dall'importo previsto in aumento della tariffa dal Piano tariffario che, in quanto riscosso con le "bollette", dovrebbe essere utilizzato nell'anno e non accantonato ma le difficoltà finanziarie della società non lo consentono.
Con riferimento al secondo punto, prima di destinare parte del valore prodotto a riduzione delle tariffe sarebbe opportuno produrlo e, comunque, destinarlo aprioristicamente alla sistemazione della precaria situazione finanziaria.
Il terzo punto è letteralmente incomprensibile e, probabilmente, anche REF Ricerche non l'ha ben compreso, considerato che riporta pari pari il testo del piano di fattibilità. Forse la governance di GAIA vuole introdurre nuovi meccanismi contabili diversi da quelli previsti dal Codice civile e dai Principi contabili (OIC) [8].
L'unica soluzione possibile per risolvere i problemi di GAIA SpA e garantire i benefici comuni connessi al servizio idrico è la trasformazione in Azienda Speciale Consortile anche se, questa, non è gradita alla governance perchè ne marginalizza il ruolo attribuendolo direttamente ai Sindaci e ai Consigli comunali. Non è un caso che nella relazione del 2020,  la critica all'Azienda Speciale Consortile è, prevalentemente, quella di un ritardo normativo rispetto alle società da individuare nel "mancato riequilibrio dei poteri a vantaggio degli amministratori". Nel caso specifico la società benefit preoccupa gli amministratori, appunto, che lasciando inalterati i principi di regolazione della società ne conserva ruoli e "poteri".
Del resto il documento di GAIA S.p.A. è un insieme di enunciazione di principi, di affermazioni generiche che, nel concreto, non chiarisce i benefici, i vantaggi e le opportunità per la società e nemmeno la reale fattibilità in termini economici e finanziari e, soprattutto, la compatibilità con la normativa che regola il servizio ed il Metodo Tariffario predisposto da ARERA.

Conclusioni

 Non si vuole mettere in discussione le "società benefit" che, anzi, sono un'innovazione interessante, opportuna e necessaria e, come evidenziato rispettose della indicazione costituzionale per la creazione del rapporto di sussidiarietà tra le funzioni pubbliche e private.
Le società benefit non devono, però, snaturare gli scopi delle società che sono e devono restare quelli economici e, per questo motivo, rientrano nell'affermazione dell'art. 41 della Costituzione: l'iniziativa economica privata è libera, ovviamente con le limitazioni previste dallo stesso articolo e da quelle naturali cioè la concorrenza ed il mercato.
La normativa delle società benefit rappresenta l'occasione per avviare una discussione che va oltre la sua applicazione e che deve incentrarsi sul ruolo e gestione delle attività garanti dei diritti costituzionali, cioè non economiche, e quello delle attività economiche che possono essere sussidiarie ma non sostitutive delle precedenti.
Prescindendo da posizioni ideologiche, da considerarsi negative e controproducenti, la definizione dei ruoli e delle funzione è necessaria, oggi forse più che nel passato, perchè l'obiettivo, anche politico, deve essere quello di realizzare una società dove tutti abbiano diritto di cittadinanza.
L'iniziativa privata deve creare la ricchezza, anche in una logica personale, mentre lo Stato deve provvedere alla ridistribuzione della ricchezza nella direzione del sociale e della tutela della salute, della cultura e dell'ambiente, con le imposte ed con i servizi pubblici, locali e non locali.
Credere che lo Stato possa creare la ricchezza e che il privato possa contribuire alla sua distribuzione è un paradosso causa dei disagi e delle diseguaglianze attuali.
Purtroppo, il paradosso, oggi, è una realtà per colpa di una politica incapace ed autoreferenziale e gli effetti li conosciamo tutti.
Ipotizzare che le società a capitale, totale o maggioritario, pubblico possano diventare società benefit è la conferma che sono società con fine di lucro alle quali si vorrebbe aggiungere il perseguimento di finalità di beneficio comune che, al contrario, sono il loro reale e unico scopo. Questo ha una ragione che sta negli opportunismi dei partiti, nelle clientele, nei privilegi e nei centri di potere senza dimenticare associazioni e strutture collegate, "carrozzoni" parassiti di un sistema non più accettabile, che, con gli interessi generali ed i benefici comuni, nulla a che vedere.
Non pensiamo di risolvere i problemi con processi di privatizzazione perchè sarebbe come cadere dalla padella nella brace, le esperienze passate ci devono pur insegnare qualcosa. Autostrade per l'Italia, Alitalia, le multiutility, le società quotate, pur a maggioranza pubblica, sono esempi della incompatibilità della logica privata nella gestione dei servizi pubblici.
La gestione dei servizi pubblici è caratterizzata da semplicità, non ha rischi e nemmeno deve confrontarsi con la concorrenza ed il mercato, e da forte remunerazione che, nella natura privatistica, è massimizzata. La colpa non è del privato, che fa il suo mestiere, la colpa è della politica che, al contrario, non fa il suo mestiere.
Il primo segnale di cambiamento potrebbe essere il divieto, per le società di gestione di servizi pubblici, di diventare società benefit costringendole ad essere, per la loro stessa natura, benefit. In seconda istanza, cominciare a sostituirle con strutture di diritto pubblico, con caratteristiche organizzative imprenditoriali, che escludano lo scopo del profitto per sostituirlo con qualità ed economicità del servizio e perseguimento del beneficio comune  nell'ambito dell'interesse generale.
 
 
 
 

    1. ODCEC Milano: Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Milano, Commissione Start up innovative, Microimprese e Settori innovativi, nel quaderno 83  del maggio 2021
    2. Agenzia delle Entrate - Risoluzione n. 196/E del 16/05/2008 - Circolare Ministeriale 7/7/1983 n.30/9/944 e R.M. n.158/E del 28/10/199 - Corte di Cassazione, Sentenza n. 6502/2000 - Corte di Cassazione, Sentenze 21 gennaio 2009, n. 1465, e 24 novembre 2011, n. 24930 - Corte di Cassazione, Sentenze n.23551/2012 e n.10319/2015
    3. Josè Mujica: Presidente dell'Uruguay dal 1º marzo 2010 al 1º marzo 2015. Durante il suo mandato presidenziale la quota della spesa sociale sul totale della spesa pubblica passa dal 60,9% al 75,5%, il tasso di disoccupazione è diminuito dal 13 al 7%, il tasso di povertà nazionale dal 40 all'11% e il salario minimo è stato aumentato del 250%. Secondo la Confederazione sindacale internazionale, l'Uruguay è diventato il paese più avanzato nelle Americhe in termini di rispetto dei "diritti fondamentali del lavoro, in particolare la libertà di associazione, il diritto alla contrattazione collettiva e il diritto di sciopero. Mujica riceveva dallo Stato uruguaiano un appannaggio di 260 259 pesos (~8 300 euro) al mese per il suo lavoro alla guida del Paese, ma ne donava circa il 90% a favore di organizzazioni non governative e a persone bisognose dichiarando in un'intervista al quotidiano colombiano El Tiempo che tale quantità di denaro gli era sufficiente, alla luce del fatto che molti suoi connazionali devono vivere con meno.
    4. house providing: una modalità di gestione dei servizi pubblici locali alternativa all'affidamento mediante procedura ad evidenza pubblica (gara) istituita dalla giurisprudenza europea negli anni '90 del secolo scorso e, successivamente, recepita dalla legislazione nazionale. La gestione in house providing non è un affidamento ma è la gestione diretta da parte degli Enti Locali mediante una struttura strumentale agli stessi. La gestione in house prevede la sussistenza di requisiti essenziali quali la totale partecipazione e proprietà degli Enti Locali, l'assenza di vocazione commerciale ed il controllo analogo, ossia lo stesso controllo che l'Ente eserciterebbe se gestisse in proprio il servizio
    5. decreto ambiente: decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
    6. quota investimenti di GAIA: relazione del direttore dell’Autorità Idrica Toscana anno 2019
    7. perdite o dispersione di acqua: differenza tra la misurazione dell'acqua nella fase di captazione, adduzione e distribuzione e quella fatturata all'utente. Il valore è stato rilevato dai dati esposti nel Piano d'Ambito predisposto dall'Ente di Governo, l'Autorità Idrica Toscana
    8. principi contabili (OIC): Organismo Italiano di Contabilità di cui agli artt. 9-bis e 9-ter del d.lgs. 38/2005.  

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